Un viaggio nel deserto: il Sahara Occidentale

E così marciarono… (pt. I)

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Per ogni fine c’è un nuovo inizio

Antoine de Saint-Exupéry

Dicono che si respirasse un’aria particolare e inconfondibile a Madrid e in tutta la Spagna nel mese di novembre del 1975. Era sulle labbra di tutti, vox populi. Tutti lo sospettavano, molti lo speravano, nessuno osava dirlo. Nonostante i vari communiqué, tutta la nazione rimase con il fiato sospeso fino alle 10 del mattino, quando l’allora presidente del governo, Carlos Arias Navarro, comparse sugli schermi di tutta la penisola e annunciò: “Españoles, Franco ha muerto“. Franco era morto, un 20 di novembre. Era l’alba di un nuovo giorno in Spagna, l’inizio della Transición verso la democrazia. Era l’alba di un nuovo giorno anche nel Sahara Occidentale.

Arias Navarro era uno dei membri del governo che nei mesi immediatamente precedenti più aveva spinto a favore della devoluzione dell’allora provincia d’oltremare. Non era alcun segreto che la condizione medica di Franco fosse precaria ormai da anni, e davanti alla strategia di pressione diplomatica, giuridica e militare promossa dal Marocco e appoggiata dal suo principale alleato, gli Stati Uniti, Madrid si trovò in un primo momento diviso tra i fautori del mantenimento del Sahara Español e i sostenitori della sua cessione allo stato nordafricano. I primi, capeggiati dal presidente del governo Luís Carrero Blanco, terminarono trovandosi in netta minoranza quando quest’ultimo morì assassinato dalla ETA nel ’73.

Nel mentre, Rabat era già all’opera da diverso tempo con un’operazione articolata su vari livelli e disegnata con astuzia sibillina, pazienza e un dominio dei tempi paragonabile a quello di un orchestra filarmonica. Dopo aver conseguito l’inclusione nel 1963 del Sahara Occidentale nella lista dell’ONU dei territori non autonomi -e quindi da decolonizzare-, lo stato alawita iniziò un’offensiva diplomatica tesa ad ottenere per la causa del “Grande Marocco” -idea espansionista che vedeva, oltre al Sahara, anche la Mauritania e parte dell’Algeria come parti della nazione marocchina- l’appoggio dell’amministrazione Nixon e, in particolar modo, la simpatia di Herny Kissinger, deus ex machina della politica estera statunitense.

Questi contatti diedero i loro frutti quando, nel 1974, e a seguito dell’annuncio della ritirata portoghese dai possedimenti africani e d’oltreoceano, Madrid annunciò un censimento della popolazione saharawi per determinarne l’esatto numero di componenti e gli aventi diritto a voto in preparazione del processo di autodeterminazione a seguire. Infatti, in quanto potenza amministratrice designata dalle Nazioni Unite, la Spagna era obbligata a garantire una transizione pacifica e ordinata verso l’indipendenza mediante la convocazione di un referendum popolare.

Il Marocco e la Mauritania però, considerando entrambi il Sahara come un diritto propio, fecero ricorso alla Corte Internazionale di Giustizia. Quest’ultima, in un parere consultivo espresso il 16 ottobre, determinò che al momento della colonizzazione spagnola il territorio del Sahara Occidentale fosse res nullius, cosa di nessuno, negando di conseguenza la rivendicazione di sovranità marocchina in base a ragioni storiche. In aggiunta a ciò, il Tribunale Internazionale dell’Aia definì la consulta della popolazione del territorio in attesa della decolonizzazione come un “imperativo inevitabile” e conditio sine qua non di qualsiasi processo di decolonizzazione, anche davanti a eventuali richieste di integrazione da parte di stati interessati.

Nonostante il rovescio diplomatico, il re Hassan II, approfittando del peggioramento della salute di Franco e godendo dell’appoggio di Washington, chiamò alla mobilitazione il suo popolo esortandolo a passare la frontiera nella “pacifica” Marcia Verde. Più che una marcia sembrava un’invasione: più di 350.000 civili e 25.000 militari passarono il Rubicone portando alta la bandiera del Marocco, quella verde dell’Islam e occupando il deserto dei saharawi.

Il sole ormai tramontava sul deserto: il Sahara Occidentale aveva perso la libertà prima ancora di ottenerla. Dopo il tramonto, però, viene la notte, una notte lunga e buia.

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