“Il resto è silenzio”
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Una frase poetica, lapidaria, pronunciata da Amleto, Principe di Danimarca, poco prima di lasciare le sue spoglie mortali. Una sentenza. Il silenzio, come afferma un ormai inflazionato ossimoro, è assordante. Perché nel silenzio si celano le più profonde paure dell’Uomo.
Il silenzio è l’ignoto e l’ignoto è il terrore. Il terrore di una regolamentazione, di una messa al bando, di una confisca. Silenzio rotto di tanto in tanto da annunci e moniti perentori, ma un vero urlo che lo squarci non è ancor giunto a orecchio alcuno. Pertanto la paura non può scemare, perché le ripercussioni di simili azioni sarebbero tali da far desistere, o quantomeno usare ancor più cautela, molti investitori.
Eppure, è davvero giustificata, tale paura? Il dilemma per ora rimane irrisolto: come agiranno banche centrali e altri organi regolatori? Minacce più o meno vaghe e tentativi di opporsi al crescente numero di criptovalute sono stati effettuati, ma raramente attuati, nessuno dei quali sia risultato a oggi efficace. Forse perché sanno che oramai è troppo tardi.
A tal proposito sembra calzare a pennello l’intervento effettuato solo pochi giorni fa dalla “regina” della BCE, Christine Lagarde, che ha parlato di regolamentare Bitcoin. Enfasi sulla parola “regolamentare”: anche la BCE sa che ormai il fenomeno Bitcoin non si può fermare. Si può solo rallentare con la minaccia di un’interferenza invasiva da parte degli organi regolatori. La giustificazioni sono “questioni di sicurezza” e “arginare fenomeni criminali” (il lettore si ricordi che qualsiasi operazione illegale che può avvenire attraverso Bitcoin può aver luogo, come ha avuto per secoli, con scambio di denaro cartaceo, quasi altrettanto difficile da rintracciare), ma il motivo principale, anche se meno palese, è la “necessità” che queste istituzioni hanno di controllare il flusso di moneta corrente. Le nuove regole non saranno però implementate a breve.
Note più positive sono invece arrivate dall’OOC (Office of the Comptroller of the Currency), probabilmente la più importante istituzione statunitense per la regolamentazione di banche e sistemi finanziari, che, seppur avendo annunciato la possibile introduzione di nuove norme riguardanti le criptovalute, ha “legalizzato” Bitcoin ed Ethereum agli occhi del pubblico dichiarando che non potranno essere direttamente oggetto di controversie legali con lo Stato, dato che sono sufficientemente decentralizzate. La stesso non si può dire di molte altre altcoins.
A riguardo si è più volte espresso l’ente che forse è stato il più esplicito nella sua lotta alle criptovalute: la SEC (Securities and Exchange Commission) degli Stati Uniti, il cui lavoro però si limita all’individuare e prendere provvedimenti nei confronti di quelle aziende che offrono securities senza essere registrate presso la stessa SEC. Fra la bolla del 2017 e oggi molte altcoins sono finite nel suo mirino. Recente è la notizia della sua causa intentata nei confronti Ripple Inc., società di sviluppo dell’omonima criptovaluta (quinta al mondo per valore di mercato), accusata proprio di aver venduto tale valuta, vista dalla SEC come security, senza essere registrata presso l’ente statunitense. La procedura è solo all’inizio: Ripple Inc. sta tenendo le prime consultazioni pre-processo, il quale inizierà nel corso del 2021. Solo il tempo potrà dire come si concluderà.
Le regolamentazioni ci saranno: è inevitabile. Ma saranno sufficienti a far desistere utenti e investitori?
In conclusione, bisognerà ancora attendere prima che le criptovalute diventino diffuse, ma quando ciò avverrà e, soprattutto, quando vi saranno progetti che vedranno il proprio valore di mercato essere di proporzioni sufficienti, anche le banche centrali si vedranno costrette a partecipare a questo mercato nascente. Solo allora verrà davvero riconosciuta a livello mondiale l’importanza di questo sviluppo tecnologico.
“Quando l’oro parla, l’eloquenza è senza forza” (Erasmo da Rotterdam). Dunque quando le criptovalute parleranno, quali forze oseranno opporvisi?