Colpo di scena. Tra molteplici veti, minacce ed insidie pare che l’auspicato “governo della crisi” stia prendendo forma. Il capitano? Un nome come un altro, il Professor Mario Draghi, come annunciato dal Consigliere per la stampa e la comunicazione del Presidente della Repubblica, Giovanni Grasso. Infatti, dopo un accorato appello del PdR Sergio Mattarella alla responsabilità del Parlamento, con l’intento di mettere da parte la voglia di elezioni anticipate e di ricordare gli urgenti provvedimenti da adottare, prende la parola Grasso, in modalità: entro, spacco, esco, ciao.
La decisione, di cui la voce girava già nei giorni precedenti (ma si sa, il nome dell’ex presidente della BCE è da almeno 3 anni iper inflazionato in qualsiasi situazione di crisi nella formazione di un governo) è seguita ad un primo giro di consultazioni tenuto dal Presidente della Camera dei Deputati Roberto Fico, che aveva ricevuto “mandato esplorativo” dal Colle. Consuetudine vuole che, in assenza di una maggioranza chiara, venga appunto affidato un “mandato esplorativo” ai Presidenti delle Camere. Normalmente spetterebbe il primo giro alla seconda carica dello Stato, il Presidente del Senato. E per quale motivo si è optato per la terza? Il tentativo del Presidente Fico, membro del M5s, ha indicato l’intenzione, risultata fallimentare, di ricucire l’intesa tra le forze di maggioranza del governo uscente.
“Nemmeno se lo guidasse Superman” è la risposta dell’On. Orlando (Partito democratico) alla domanda di Stefano Feltri, direttore di “Domani”, che gli chiede in data 15.01.2021 se avrebbe sostenuto un governo di “unità nazionale” guidato da Mario Draghi con dentro la Lega. Oggi tutto è cambiato, il Pd e il M5s sono costretti a rinunciare ai veti e alle ambizioni, per primo quello dell’esclusione di Italia Viva dal governo vista l’impossibilità di trovare “costruttori”, e successivamente al desiderio di replicare la “maggioranza Ursula” (partiti del governo precedente più Forza Italia). Aspirazione che si è sgretolata a seguito della spiazzante mossa politica della Lega. A tal proposto è utile fare un passo indietro, con uno sguardo attento alle posizioni partitiche prima e dopo il primo giro di consultazioni del Presidente del Consiglio incaricato.
Sganciata la bomba (mi perdonerà l’Università del Colorado) dal direttore dell’ufficio stampa della Presidenza della Repubblica, si può notare come la detonazione e la conseguente onda d’urto abbiano raggiunto in maniera violenta (chi più, chi meno) tutti i partiti. Il più scosso è il M5s, che dal lontano 2013 (prima apparizione in Parlamento) chiede il ritorno alla sovranità monetaria e dipinge Mario Draghi come l’uomo della troika. Infatti le parole dell’On. Perilli (capogruppo del M5s al Senato), che negano categoricamente l’appoggio ad un esecutivo Draghi, non rappresentano la verità, ma piuttosto raccontano di un partito nella fase di elaborazione del lutto, nello specifico del tramonto del Conte bis e del Conte ter (mai nato) nel giro di pochi giorni. Passano poche ore e la musica cambia, le note del nuovo spartito sono di apertura, a guidarle è l’ex capo politico, Luigi Di Maio, a suggellarle è la presenza del padre del Movimento, vero capo politico (con buona pace di Crimi), Beppe Grillo. La sua presenza a Roma e alle consultazioni con Il Presidente incaricato denota come il momento porti un elevato carico di tensioni all’interno del Movimento; questa volta però niente streaming, indicatore di una risposta positiva, un “sì” (si veda lo storico degli incontri: Bersani, Letta, Renzi, Conte I, Conte II). Il Pd non può essere da meno in quanto a sorpresa, vista la scesa in campo di Superman… A salvarlo, inizialmente, è la sua genetica istituzionale, che accoglie il governo del Presidente a braccia aperte, ma con il pensiero rivolto alla sopra citata “maggioranza Ursula”, come sottintende l’intervista all’On. Franceschini (Pd) di Alessandro De Angelis (vicedirettore di “Huffington Post Italia”) che invita i compagni di viaggio pentastellati a ripensarci (detto fatto). Questa possibilità, rilanciata dai residui del Conte bis, è avallata in primis dall’appoggio pressoché totale di Forza Italia al capo di governo in carica, in secundis dal rifiuto pressoché totale di Fratelli d’Italia, e per concludere dalle dichiarazioni del segretario del Carroccio, che con tono diffidente approccia il formarsi del nuovo esecutivo indicando come prioritarie le elezioni. In questo quadro, è l’ultima metamorfosi, presunta o tale, della Lega a cambiare le carte in tavola, perché uscita dalle consultazioni, la sua delegazione è quella che si avvicina di più (piccoli partiti esclusi) ai propositi e alle parole del Presidente della Repubblica: “noi non poniamo condizioni, né su persone, né su idee, né su movimenti; è un momento in cui il bene del Paese deve superare l’interesse personale o partitico”.
Ora bisognerà verificare se e come gli altri partiti cederanno a buona parte dei paletti messi fino ad ora, per un periodo concordato, e chissà, magari fino all’elezione del prossimo inquilino del Palazzo del Quirinale, ringraziando il traghettatore. Certificando, sì, delle forze partitiche che hanno perso legittimità politica ed autorevolezza, ma che al contempo possono avere un’occasione per “riposare” e ripartire, imparando insieme alla cittadinanza tutta, che un altro modo di governare è possibile. Un secondo giro di consultazioni sta per iniziare, la matassa si sta per sbrogliare, facciamo sì che questa sia la più bella crisi di governo di sempre.