Il Derby di Milano fa discutere: ultras fuori da San Siro

Domenica pomeriggio è andato in scena il 228° Derby di Milano della Storia. La sfida, che ha visto contrapposte le due compagini milanesi, dopo alcuni anni bui è tornata ad essere decisiva per le sorti del nostro campionato. L’Inter, a +1 sui cugini rossoneri, era chiamata ad allungare il distacco e a riconfermarsi in testa alla classifica; il Milan, invece, dopo la sconfitta subita a La Spezia, doveva dimostrare il proprio vero valore.

La gara ha visto trionfare i nerazzurri con un netto e perentorio 3-0 ma sono gli eventi accaduti all’esterno dello stadio quelli che hanno aspramente e maggiormente fatto discutere. Circa un paio d’ore prima del fischio d’inizio, infatti, molti tifosi, di entrambe le compagini, si sono dati appuntamento fuori da San Siro. Questo ha fatto sì che si creassero assembramenti, surreali dato il clima e il periodo che ognuno di noi è chiamato a vivere.

Gli ultras si riuniscono e incitano le squadre

Da Febbraio 2020 i decessi a causa del Coronavirus, in Lombardia, sono stati circa 17.000. Le restrizioni eccezionali richieste hanno snaturato le nostre esistenze, gli obblighi imposti hanno intralciato la nostra quotidianità. Eppure, prima del calcio d’inizio, circa 12.000 ultras (7000 milanisti e 5000 interisti) si sono ammassati fuori da San Siro per accendere fumogeni, per incitare i propri beniamini e per intonare cori sotto le rispettive curve. I tifosi hanno ribadito la propria fede calcistica, nonostante il comune di Milano avesse vietato questo tipo di manifestazioni. Per i calciatori, che hanno visto ridotto a zero il contatto con i propri tifosi, quegli attimi potrebbero anche essere sembrati un momento di festa. Per coloro che hanno osservato le immagini dal divano di casa, invece, tutto ciò sarà sembrato incredibile e irreale.

Il calcio deve essere un veicolo di buoni esempi. Quel che è certo è che, purtroppo, quello che abbiamo dovuto ammirare domenica è distante dall’essere un buon esempio. Fortunatamente, i fatti di Milano non hanno avuto tutta la risonanza che ci si sarebbe attesi. La speranza è che i ragazzi che hanno assistito a tali immagini non ne prendano esempio.

La critica si divide, lo Stato deve intervenire

Nell’osservare quelle istantanee, attraverso lo schermo televisivo, per un attimo è sembrato che il tempo si fosse fermato. Per un solo istante, il trasporto emotivo verso uno scontro così “sentito” ha provato a distogliere la nostra attenzione dai mesi che abbiamo appena vissuto. L’orologio, però, ha fatto risuonare il proprio rintocco e ognuno di noi si è risvegliato da questa fantasiosa disillusione. Solo ieri, in Lombardia, i nuovi casi di Covid registrati sono stati 2480; proprio ieri la provincia di Brescia è tornata a respirare l’aria del lockdown.

Sembra davvero impensabile credere che 12.000 persone, non curanti di tutto ciò che ci ha colpito, abbiano lucidamente scelto di recarsi in un spazio ristretto senza rispettare il distanziamento e le norme sanitarie.

La condanna dei gesti è giunta chiara e puntuale: incoscienti coloro che, per puro diletto personale, hanno messo in pericolo la salute pubblica. Ok, si potrebbe asserire il fatto di essere in piene forze e di non avere “patologie pregresse”. L’eventuale asintomaticità, però, non escluderebbe il potere di contagio: contrarre il virus non è una mera questione personale, bensì riguarda tutti coloro che ci circondano. Questo potrebbe infatti colpire soggetti fragili e potrebbe causare reazioni spropositate all’interno dell’organismo, causando persino la morte. Incredibile che così tanti ragazzi e uomini non abbiano riflettuto sulle possibili conseguenze.

La seconda faccia della medaglia è ben evidente: perché permettere un “assembramento” così consistente al di fuori dello stadio? Perché, invece, non permettere a una piccola fetta di pubblico di entrare all’interno dell’impianto? Certo, questa potrebbe essere una regolarizzazione di comportamento illecito, ma è chiaro ed evidente che ormai non si riesca più a sopportare un regime così restrittivo.

Le possibili soluzioni e le difficoltà realizzative

Una possibile soluzione potrebbe essere quella di riaprire gli impianti sportivi all’aperto. Un’altra quella di sottoporre a tampone “rapido” coloro che acquistano il biglietto per l’evento. Certamente queste sono due strade percorribili ma le riflessioni da compiere, forse, sono altre. Lo Stato sta facendo sforzi tangibili per dividere il nostro Paese in fasce e zone, per spingere alla riapertura dei locali e delle attività, per provare a tornare alla normalità. Il problema sono il senso civico e il rispetto che si dovrebbero avere nei confronti di chi ci sta a fianco. Pensare di fronteggiare questa pandemia “da soli” è la cosa più sbagliata da fare; credere di potersi permettere delle trasgressioni come quella di domenica fa compiere numerosi passi indietro nella lotta contro il virus. Quello che anche il tifoso calcistico dovrebbe capire è che la straordinarietà degli eventi impone una responsabilità maggiore.

Può essere che si possano ottenere degli svaghi o delle deroghe sulle restrizioni, può essere che si possa tornare a respirare l’aria della quotidianità, certo è che ora, ancora, questo non è possibile. L’ultimo dei problemi dovrebbe essere quello di fronteggiare gli irresponsabili che si ammassano all’esterno di uno stadio; il primo pensiero, invece, dovrebbe andare ai ristoratori, alle aziende che chiudono a causa della crisi. I fatti antecedenti al Derby sono come uno sputo in pieno volto a tutti coloro che oggi chiudono le proprie attività per poter ripartire più forti in un immediato e prossimo futuro.

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