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La Spagna fu un’indiscussa Potenza europea per tutto il XVI secolo, grazie all’imperatore Carlo V che aveva ereditato i territori di quattro casate – quelle di Borgogna (1506), Austria (1519), Aragona e Castiglia (1516) – e al figlio Filippo II, che nel 1581 aveva aggiunto i territori del Portogallo grazie a un’unione personale. Il contesto storico-politico avrebbe permesso all’Impero spagnolo di mantenere lo status di prima Grande Potenza europea, grazie alla continua lotta tra gli Stati tedeschi e alle lunghe ed estenuanti guerre di religione in Francia – una serie di otto conflitti tra cattolici e protestanti che si svolsero tra il 1562 e il 1598. Tuttavia, con Filippo III la Spagna conosceva l’inizio del suo declino.
Filippo III aveva tanti difetti, ma il principale era forse quello di non sapere giudicare le persone: il duca di Lerma era una di queste. Primo ministro e governante dello Stato e delle finanze, si contraddistingueva per la sua politica schizofrenica: firmava accordi con l’Inghilterra (1604) concedendole numerosi privilegi commerciali verso il Nuovo Mondo, ottenendo in cambio l’impegno a non finanziare le rivolte nelle Province Unite (Olanda), ma nel 1609, quando avrebbe potuto sfruttare questi accordi, aveva invece firmato una tregua di dodici anni riconoscendo l’indipendenza olandese.
La storia di cui parlerò oggi si sviluppa a Roma, centro politico europeo prima come capitale dell’Impero romano e in seguito come sede pontificia. Per secoli i diplomatici dei più importanti Stati europei si erano contesi “a suon di gran soldoni” i favori dei cardinali sperando che, nel caso uno di essi fosse stato eletto papa, si ricordassero di chi li aveva finanziati. Con la riforma protestante, Roma perdeva la sua centralità e diveniva quasi sottoposta al controllo della Corona di Spagna. Ora papa Clemente VIII stava cercando di riottenere l’indipendenza e agli inizi del ‘600 la maggior parte dei cardinali era fedele al Papa e alla sua idea di mantenere Roma autonoma.
Dopo dodici anni da diplomatico presso la Santa Sede, il duca di Sessa Antonio Fernández de Córdova y Cardona chiedeva a re Filippo III di potersi ritirare. Il re ne accettava le dimissioni e decideva di fidarsi del suo “luminare” primo ministro duca di Lerma scegliendo come nuovo diplomatico Juan Fernández Pacheco de Villena, che accettava di buon grado la carica speranzoso di potere successivamente arrivare alla posizione di viceré di Napoli. Ancor prima di raggiungere Roma, Villena riusciva a insultare un nipote del pontefice a Genova chiamandolo «Vostra Signoria» al posto di «Sua Eccellenza». Aggravava ulteriormente la sua situazione, già claudicante, arrivando in ritardo e senza preavviso a Roma, costringendo il duca di Sessa a trasferire, in poche ore sul molo, dodici anni di lavoro come diplomatico. A Roma Villena continuava, con arroganza, a non riconoscere il titolo appropriato ai nobili italiani inimicandoseli, mentre molti cardinali si allontanavano dalla causa spagnola. Pochi mesi più tardi il Papa decideva di scrivere una lettera a Filippo III, nella quale lo pregava d’intervenire.
Risolto questo primo problema, ne sorgeva subito un altro: al momento di incontrare un diplomatico francese, che sulla carta doveva essere il suo primo avversario, Villena si comportò in maniera molto gentile; credeva infatti di poterlo raggirare e di riuscire a convincere qualche cardinale a cambiare parte. Il diplomatico francese, che forse il suo lavoro lo sapeva fare, decideva quindi di condividere una storia modificata affermando che Villena lo aveva riconosciuto addirittura come superiore, ridicolizzandolo. Dopo pochi mesi Villena passava da personaggio sgarbato e indesiderato a “macchietta”, con i nobili romani e i cardinali che iniziavano a trattarlo palesemente come uno sciocco.
La goccia che fece traboccare il vaso fu invece l’unica cosa di cui non possiamo dargli colpa. Gerolamo Frachetti, uomo di lettere e di supporto anche al precedente diplomatico, vedendo Villena in difficoltà, decise di aiutarlo fornendogli un elenco di tutte le persone importanti nella curia romana con i loro punti deboli e i loro “scheletri nell’armadio”. Poco tempo dopo, in circostanze ancora sconosciute, questo scritto diveniva di dominio pubblico; costringeva Frachetti a rifugiarsi a Napoli e rendeva la posizione di Villena ancora peggiore, se possibile.
Juan Fernández Pacheco de Villena veniva richiamato a Madrid dopo solo tre anni di servizio (1603-1606) aggiudicandosi il titolo di uno dei peggiori diplomatici della Storia. Inutile aggiungere che non divenne mai viceré di Napoli.