BOCCONI DI STORIA: Il colpo di Zurigo

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Di questa storia non esiste una versione assolutamente veritiera. Gli avvenimenti saranno raccontati solo anni dopo per evitare rappresaglie nei confronti delle persone coinvolte; le conseguenze di ciò furono però inevitabilmente differenze nelle date e nei fatti in base ai libri che li raccontano.

Quando l’Italia entra in guerra nel 1915, l’Austria-Ungheria ha già un importante sistema di spionaggio pronto a operazioni di sabotaggio verso fabbriche e strutture militari. I due episodi più importanti, dovuti ai sabotaggi del nemico, sono l’esplosione della nave ammiraglia “Benedetto Brin” e della “Leonardo da Vinci” nel 1916. Queste due tragedie convincono L’Alto Comando della necessità di bloccare la rete di spionaggio austro-ungarica in Italia.

Non tutte le operazioni di sabotaggio austriaco andavano tuttavia a buon fine; il controspionaggio italiano aveva infatti individuato un certo Giuseppe Larese e lo aveva posto sotto sorveglianza. Un giorno lo si vide attraversare il confine con la Svizzera per poi tornare in Italia con una valigetta sospetta. Alla dogana la borsa veniva ispezionata e venivano trovati degli esplosivi, prontamente sostituiti con candelotti già disinnescati. La valigetta veniva successivamente restituita a Larese che, ignorando lo scambio avvenuto e il fatto di essere stato scoperto, seguitava la sua missione e arrivava alle cascate delle Marmore. Lì c’era una diga che serviva per produrre energia elettrica per le acciaierie di Terni, che egli avrebbe dovuto fare saltare con gli esplosivi che credeva di avere in suo possesso. Dopo averlo colto in flagrante, la polizia italiana arrestava Giuseppe Larese.

Interrogato e probabilmente torturato rivelava che il capo della rete di spionaggio austriaca si trovava a Zurigo, si chiamava Rudolf Mayer ed era “ufficialmente” il console austro-ungarico in Svizzera. Pompeo Aloisi era inviato come console italiano a Berna affinché potesse controllare ciò che Mayer faceva. Dopo aver constatato che molto probabilmente Rudolf aveva con sé tutte le informazioni dei possibili bersagli, degli agenti e delle cellule dormienti, Aloisi ideò un piano per ottenere quei documenti.

Servivano uomini: i primi due volontari furono Ugo Cappelletti e Salvatore Bonnes, dei capitani della Marina, mandati a Zurigo come diplomatici italiani in affitto in una stanza di un edificio confinante con il Consolato austro-ungarico. Successivamente si aggiunse Stenos Tanzini che aveva scoperto che all’interno dell’ufficio di Mayer c’era una cassaforte. A questo punto serviva un infiltrato: Livio Bini, avvocato al soldo di Mayer che il controspionaggio italiano aveva trasformato in un agente doppiogiochista. Bini avrebbe riferito che tra l’ingresso del cortile e l’ufficio di Mayer c’erano tredici porte, dodici di queste chiuse a chiave: chiave che l’avvocato riuscirà in seguito a rubare e poi duplicare.

Una notte la “banda” compie il primo tentativo, ma il duplicato non apre nessuna porta. Entrano allora in gioco altre due persone: Natale Papini, noto rapinatore ed esperto di casseforti e Remigio Bronzin, ex operaio nella fabbrica che aveva prodotto i cancelli e le chiavi del Consolato austriaco. Nei giorni seguenti Tanzini sarebbe entrato di notte per fare i calchi delle serrature per permettere a Branzin di realizzarne i duplicati.

Siamo adesso al 20 febbraio del 1917: quattro uomini entrano nel consolato aprendo il cancello esterno, salgono le scale e aprono una porta dopo l’altra scoprendo però che la sempre aperta tredicesima quella notte è chiusa. Sono costretti a fare il calco anche dell’ultima serratura e realizzarne la chiave. La notte del 27 febbraio del 1917 il quartetto riesce a entrare nell’ufficio di Mayer e ad aprire la cassaforte con una fiamma ossidrica coprendo le finestre con dei teli spessi. All’interno trovano elenchi, foto e nomi degli agenti infiltrati in Italia. Uno di loro porterà i documenti a Berna la mattina stessa, da dove poi Aloisi informerà i superiori sulla riuscita dell’operazione.

Grazie a queste informazioni l’Italia diede un colpo quasi definitivo allo spionaggio austriaco, che rimase in un attimo cieco, sordo e senza alcuna possibilità di colpire in Italia.

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