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Il 25 di aprile in tutto il mondo si festeggia la ricorrenza di San Marco Evangelista e il centro di queste celebrazioni, così come è ovvio che sia, è Venezia, la città che nel corso dei secoli ha fatto del leone alato, simbolo del Santo, un vessillo che tuttora viene utilizzato. Il leone, ovunque lo si incontri, magari inciso sullo stipite di una porta lontano dalla laguna, indica chiaramente che lì la Serenissima è arrivata. Venezia è, infatti, la sede in cui tradizionalmente riposano, nella cripta dell’imponente e meravigliosa Basilica di San Marco, le spoglie dell’Evangelista, da quando la Basilica attuale, la cui costruzione iniziò nel 1063, andò a sovrastare la chiesa precedentemente edificata nel IX secolo, sempre dedicata a San Marco, la cui struttura è tuttora conservata nella cripta sottostante.
La stesura di questo articolo è stata innanzitutto dettata dalla curiosità personale dell’autore riguardo a un elemento che raramente viene indagato se non del tutto ignorato nelle varie trattazioni, per lo meno non specialistiche, che riguardano la tomba di San Marco: le fonti riguardanti l’evento traslazione delle reliquie. È noto se non a tutto il grande pubblico, almeno a una buona fetta di esso che la salma di San Marco venne trafugata da Bono di Malamocco e Rustico da Torcello, due mercanti veneziani, nascosta all’interno di un carico di maiale al fine di passare i controlli doganali nell’Alessandria musulmana e giungere a Venezia. È, tuttavia, curioso notare come tale evento venga spesso associato più a una voce popolare che a un effettiva fonte scritta risalente allo stesso periodo medievale.
La fonte scritta, invece, esiste e nel corso degli anni è stata più volte oggetto di studi approfonditi da parte della critica e storica e filologica. Il testo in questione, la cui edizione più recente, basata su 12 manoscritti, è stata pubblicata nella rivista specialistica Hagiographica (anno 2010, volume XVII) da Emanuela Colombi, è conosciuta con il titolo di Translatio Marci Evangelistae Venetias (‘Traslazione di Marco Evangelista a Venezia’) e narra, per l’appunto, gli eventi in questione.
Riguardo alla data di composizione del testo sono state avanzate numerose proposte situate fra l’827-828, anno degli eventi in essa trascritti, e l’XI secolo, soprattutto a causa di vari e numerosi rimandi nel prologo e nel testo a eventi di quel periodo. In ogni caso è chiaro come questa una fonte non sia eccessivamente distante dall’evento storico, tanto che secondo alcuni la redazione sarebbe avvenuta nel corso dello stesso IX secolo.
La Translatio Marci si inserisce all’interno del genere cosiddetto agiografico, etichetta moderna formulata per indicare tutte quelle produzioni storico-letterarie concernenti le vite e il culto dei santi. I sottogeneri agiografici più celebri sono le Vite, le quali si concentrano sulla vita del santo in quanto causa della sua santità, e gli Atti dei Martiri, in cui, invece, la santità dell’uomo deriva in prima istanza dal suo martirio. È essenziale, in ogni caso, comprendere che queste categorie e quelle che elencheremo di seguito non sono compartimenti stagni e che, anzi, nella maggior parte dei casi è difficile porre un’opera all’interno di un solo sottogenere. Meno comuni, ma ovviamente non meno importanti, sono poi i testi che pongono in enfasi il luogo di culto in cui il santo riposa attraverso una descrizione o dei miracoli (in vita o in morte) o delle vicende occorse alla sua salma. Quest’ultimo genere, denominato con il termine latino translatio (‘trasferimento’), è esattamente quello del testo qui preso in esame il quale descrive nel dettaglio il trasporto della salma di San Marco dall’Egitto a Venezia.
Per completezza bisogna poi segnalare che la Translatio Marci fa parte di una tradizione letteraria a sua volta interna al genere delle traslationes: i furta sacra (‘furti sacri’). Come è facile intuire dal nome, in questi testi il trasferimento delle reliquie di un santo avviene utilizzando la forza o l’inganno. Dal punto di vista letterario è interessante notare la ricorrenza continua di certi personaggi all’interno di queste narrazioni: di solito il protagonista è il trafugatore o i trafugatori, come nel caso di san Marco, a cui la missione può essere più o meno affidata da un committente (secolare o laico). Al momento del furto spesso è presente un aiutante, il quale può anche essere il custode della salma (nella Translatio Marci si tratta del monaco Sturazio e del sacerdote Teodoro), che assicura il successo del furto in barba a uno o più oppositori. In questi testi hanno spesso rilievo anche le due comunità coinvolte nella vicenda, quella derubata da una parte e quella che accoglie le reliquie trafugate dall’altra, il cui ruolo all’interno della vicenda può anche essere di primissimo piano.
Nel nostro caso Venezia fu la comunità d’arrivo in cui le spoglie mortali di San Marco Evangelista giunsero nell’827-828. Questo evento di grande risonanza dal punto di vista religioso fu di certo uno dei tanti fattori che decretarono la potenza di Venezia, soprattutto agli inizi quando i vicini centri religiosi ed economici di Aquileia e Grado vennero messi in secondo piano dalla città lagunare ora anche prestigiosa sede della reliquie di un evangelista. Non è dunque per nulla sorprendente che per il vessillo della Serenissima venne scelto il leone di San Marco, proprio in virtù della rilevanza religiosa che la sepoltura di questo santo diede alla città prima che essa conquistasse, nei secoli successivi, un grande peso economico e quindi politico.