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Tutto è cominciato lo scorso venerdì 7 maggio, l’ultimo venerdì del Ramadan. Sul Monte del Tempio, nella Vecchia Città di Gerusalemme, sono avvenuti violenti scontri tra la polizia israeliana e le decine di migliaia di manifestanti palestinesi lì convenuti.
Sono oggi molti, moltissimi i conflitti che martoriano il nostro povero mondo: dalla Libia allo Yemen, dal Kashmir al Donbass. Nessuno di essi, tuttavia, riesce a catturare l’attenzione dei mezzi di informazione di massa e a polarizzare le opinioni di persone altrimenti assolutamente civili come il conflitto israelo-palestinese, conseguenza e parte del ben più ampio e complesso conflitto arabo-israeliano, del quale parleremo in dettaglio in un prossimo articolo.
Tutto è cominciato lo scorso venerdì 7 maggio, l’ultimo venerdì del Ramadan. Sul Monte del Tempio, nella Vecchia Città di Gerusalemme, un luogo che da sempre si trova al centro di conflitti e contese a causa della sua fondamentale importanza per le tre grandi religioni monoteistiche del Cristianesimo, dell’Ebraismo e dell’Islam, sono avvenuti violenti scontri tra la polizia israeliana e le decine di migliaia di manifestanti palestinesi lì convenuti.
In risposta alle azioni violente della polizia, come spesso accade, sono presto cominciati lanci di razzi, ai quali gli abitanti dell’intera regione sono tristemente abituati, dalla Striscia di Gaza verso il territorio israeliano. La Striscia di Gaza è un territorio conteso reclamato dall’Autorità Nazionale Palestinese (ANP) come parte del non internazionalmente riconosciuto Stato di Palestina, abitato da circa due milioni di arabi, per la stragrande maggioranza profughi. La Striscia si trova sotto l’attenta vigilanza militare israeliana e sotto il controllo politico di Hamas, formazione politico-militare classificata dagli Stati Uniti – e quindi dall’Unione Europea – e da Israele come organizzazione terroristica. L’obiettivo di Hamas è la definitiva fondazione di uno Stato palestinese attraverso la jihad. Ai razzi provenienti da Gaza diretti verso il territorio israeliano hanno risposto i razzi israeliani diretti verso Gaza.

È quindi cominciata una spirale di violenza che sembra ora molto difficile da interrompere. Il numero dei razzi lanciati verso Israele ha superato le due migliaia, le vittime da entrambe le parti aumentano di decine di giorno in giorno. Non solo soldati o miliziani ma anche donne e bambini. Israele, nettamente superiore a livello militare e tecnologico, ha poi proceduto ad attaccare il territorio controllato da Hamas anche impiegando decine di velivoli militari, tra i quali i moderni F-35 di produzione statunitense. Rimbalzano le notizie di aumento della tensione sociale e della violenza anche all’interno di Israele, dove qualcuno si è spinto a definire la situazione una “guerra civile”: un certo numero di facinorosi di etnia araba nella cittadina di Lidda, nell’Israele centrale, avrebbe dato fuoco a una sinagoga in segno di protesta ed esasperazione, non facendo altro però che contribuire al deterioramento della situazione generale. Il Presidente dello Stato di Israele si è spinto a definire gli avvenimenti di Lidda un “pogrom”.
L’Esercito israeliano stesso aveva dichiarato di avere avviato una operazione con impiego di truppe di terra nel territorio di Gaza – informazione poi smentita dall’Esercito stesso – in una confusione comunicativa che certo non giova alla de-escalation del conflitto in corso.
L’ONU dal Palazzo di Vetro impone a gran voce di cessare le ostilità e di porre fine alla violenza, in un intervento verbale del Segretario Generale Antonio Guterres che come sempre si rivelerà risolutivo. Gli Stati Uniti d’America, attraverso le dichiarazioni del Segretario di Stato Anthony Blinken, hanno espresso la loro vicinanza allo Stato di Israele. Gli USA sostengono il diritto dello Stato di Israele a “difendersi”. In una conversazione telefonica con Abu Mazen, Presidente dell’ANP, il Segretario Blinken avrebbe chiesto di fermare il lancio di razzi verso Israele, dimentico dei razzi che Israele continua a lanciare e dei bombardamenti che l’aviazione israeliana effettua sulle città palestinesi ormai da diversi giorni. Dal canto suo, Recep Tayyip Erdogan schiera la Turchia al fianco della Palestina, definendo Israele uno “Stato terrorista” e invocando l’intervento del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite per fermare gli attacchi di Israele, dimentico dei razzi lanciati dalla Striscia di Gaza verso le città israeliane.

Ciò che sta accadendo in Palestina è purtroppo solo l’inizio. Né Israele, né Hamas sono intenzionati a porre un freno alle proprie azioni ostili nei confronti del vicino. La linea che separa gli attacchi di questi giorni da una vera e propria guerra è ormai molto sottile. Israele ha più volte in passato dimostrato di non avere alcun timore di imbarcarsi in operazioni militari su larga scala contro gli Stati arabi della regione, certo militarmente più potenti dei guerriglieri di Hamas. Presto i soldati israeliani potrebbero davvero superare la linea dell’Armistizio del 1950 e penetrare a Gaza. Le conseguenze di una tale azione potrebbero essere terribili. Una nuova guerra aperta tra Israele e gli Stati arabi, sempre e comunque al fianco della Palestina, avrebbe tutte le potenzialità per essere devastante e, tra le altre cose, per portare la tensione tra la Turchia e gli Stati Uniti, ufficialmente alleati ma sempre meno alleati, ad altissimi livelli.
[…] causa della violenza alla quale abbiamo potuto assistere in questi giorni è la proclamazione dello Stato d’Israele, avvenuta ufficialmente il 14 maggio del 1948. […]
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