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La causa della violenza alla quale abbiamo potuto assistere in questi giorni è la proclamazione dello Stato d’Israele. Tuttavia, la rabbia e l’odio religioso e nazionalistico tra gli abitanti della regione palestinese hanno un’origine molto più antica.
La causa della violenza alla quale abbiamo potuto assistere in questi giorni è la proclamazione dello Stato d’Israele, avvenuta ufficialmente il 14 maggio del 1948. Tuttavia, la rabbia e l’odio religioso e nazionalistico tra gli abitanti della regione palestinese hanno un’origine molto più antica.
Gli ebrei sono stati un popolo senza terra per quasi due millenni a causa della grande diaspora ebraica avvenuta sotto l’Impero Romano. Alla fine dell’Ottocento, dopo secoli di violente discriminazioni nei confronti della popolazione di origine ebraica – anche se, come sappiamo, la più violenta di tutte doveva ancora arrivare – si colloca dunque l’origine del dibattito sionista. Si cominciò a proporre e a discutere, all’interno della comunità ebraica, l’opportunità di fondare uno Stato nazionale nella regione palestinese, storica patria del popolo ebraico. Grazie agli investimenti di ricchi e influenti imprenditori, uomini d’affari e banchieri residenti in tutti i Paesi del mondo, poterono essere acquistati in Palestina sempre più territori agricoli da assegnare agli ebrei desiderosi di “ritornare” nella loro antica terra d’origine, allora sotto la dominazione dell’Impero Ottomano.
Come naturale conseguenza di ciò, la popolazione ebraica cominciò ad aumentare grazie alle migrazioni. Tuttavia, la superiorità numerica della popolazione araba nella regione restava schiacciante e già nei primi anni del XX secolo le comunità ebraiche e arabe che condividevano la regione cominciarono a mostrare i primi segni di insofferenza gli uni verso gli altri. Lo scoppio del Primo Conflitto Mondiale indusse l’Impero Britannico – nemico dell’Impero Ottomano – a fomentare il nazionalismo tanto arabo quanto ebraico, di per sé inconciliabili tra loro, con l’intenzione di destabilizzare il nemico sul fronte interno. Allo stesso tempo, tuttavia, l’Impero Britannico si accordava anche con la Francia per quanto riguardava le sfere di influenza di entrambe le Potenze nella regione. I britannici avevano voluto mettere il piede in tre scarpe.
Nel 1922 la Società delle Nazioni – che possiamo definire l’antenato della moderna Organizzazione delle Nazioni Unite – affidò al Regno Unito il mandato della Palestina. Il Regno Unito volle dividere l’amministrazione della Transgiordania – la porzione di Palestina che si trova a Est del fiume Giordano, oggi corrispondente allo Stato della Giordania – da quella della Palestina, impedendo agli ebrei di emigrarvi.
Ora gli acquisti di terreni agricoli per le famiglie ebraiche provenienti dall’Europa (la repressione nazista era già cominciata, parliamo degli anni Trenta del Novecento) erano a opera dell’Agenzia Ebraica, l’organizzazione che si occupava della gestione del patrimonio economico e della facilitazione dell’immigrazione ebraica in Palestina. Il numero di ebrei in Palestina, in poco più di vent’anni, era aumentato di cinque volte, giungendo a toccare le 360mila unità.
Le ingiustizie – reali o percepite – subite dalle famiglie arabe e la disparità di trattamento che ricevevano rispetto agli immigrati ebrei fecero aumentare sempre di più il malcontento. Nacquero diversi movimenti palestinesi arabi e sempre più proteste furono organizzate. Gli scontri tra la popolazione araba locale e l’Esercito coloniale britannico erano sempre più frequenti. Tutto quanto abbiamo finora raccontato è tuttavia nulla in confronto a quanto accadde dopo la Seconda Guerra Mondiale.
A causa della devastazione che la guerra aveva portato e allo stremo al quale il Regno Unito, pur vincitore, era stato ridotto, gli inglesi abbandonarono la Palestina, che passò sotto il controllo della neonata Organizzazione delle Nazioni Unite. Si propose di fondare due Stati, uno arabo e uno israeliano, e di lasciare Gerusalemme, contesa da entrambe le etnie, sotto il controllo internazionale. Lo Stato ebraico avrebbe avuto una popolazione ebraica corrispondente a solo poco più del 50%, mentre la restante percentuale sarebbe stata costituita da arabi. La maggioranza del territorio palestinese, quel territorio che una volta era stata sotto il controllo britannico, sarebbe stata assegnata agli ebrei, in previsione di un’altra loro massiccia migrazione dopo la guerra, che tuttavia nel 1948 costituivano solo un terzo della popolazione totale. Gli arabi considerarono la presenza ebraica nella regione e la proposta ONU di creazione di uno Stato ebraico (anche se insieme a uno arabo) come un’invasione. I britannici preferirono lavarsene completamente le mani e abbandonare il territorio senza dare la propria opinione sulla proposta ONU, lasciando la regione in una situazione di caos e conflitto che loro stessi avevano contribuito a creare e a fomentare.