🇬🇧 For the English version click here.
Se si dovesse parametrare il successo di un’opera d’arte in base all’intensità della reazione provocata, probabilmente Non-Violence (The Knotted Gun), dello scultore svedese Fredrik Reuterswärd vincerebbe a mani basse. Perché? Perché fa venire il nodo alla gola – e a chi scrive è accaduto. È tra le prime cose che si notano entrando nel Quartier Generale delle Nazioni Unite e – diciamolo – chi riesce a essere ipocrita dopo un tal pugno nello stomaco? Evidentemente Joe Biden.
Il 21 settembre 2021, in occasione della 76^ Sessione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, il Presidente degli Stati Uniti si è così espresso: “Ci troviamo a un punto di svolta nella storia e gli USA si impegnano a lavorare con alleati e partner per affrontare le più grandi sfide del nostre tempo. Costruiremo un futuro migliore, insieme”. A seguire, ha elencato una serie di innegabili problematiche che si apprestano ad affliggere la nostra società negli anni a venire, prima fra tutte il cambiamento climatico. Appare curioso, però, come un Capo di Stato arrivi a parlare di “comune umanità”, quando il giorno prima la sua Polizia di frontiera rincorreva migranti haitiani a cavallo sulle sponde del fiume Rio, cercando di “domarli” con una corda, come si fa con il bestiame.
Per conoscere Haiti
Haiti condivide con la Repubblica Dominicana il territorio dell’Isola Hispaniola, scoperta da Colombo nel 1492. Il Paese è stato il primo al mondo ad abolire formalmente la schiavitù e il primo Stato indipendente dell’America Latina. È innegabile riconoscere la forza del suo popolo nel combattere il dominio coloniale, primo fra tutti quello francese. Ma c’è anche da ricordare come il Paese sia stato poi costretto ad indebitarsi pesantemente (in primis con gli Stati Uniti) versando ingenti somme di denaro alla Francia per pagare il prezzo della propria libertà. Nel corso dei decenni, la classe dirigente, trovandosi dinnanzi a un debito pubblico esorbitante, ha rinunciato senza indugio a risolvere la questione, preoccupandosi piuttosto della soddisfazione di interessi personali. Nel 2010 l’area è stata devastata da un catastrofico terremoto di magnitudo 7,0 MW (6,1 nella scala Richter), che ha causato la morte di almeno 230.000 persone.
Nell’agosto scorso, quando gli occhi del mondo erano già tutti puntati sull’Afghanistan – e, siamo onesti, non tanto per il popolo afghano in sé, ma perché attirati dal fascino americano – un nuovo sisma e la tempesta tropicale Grace hanno colpito Haiti, causando un numero di sfollati pari a 650.000. Nella realtà, la situazione del Paese appariva già disastrata nel mese di luglio, quando il Presidente Jovene Moïse è stato assassinato da sicari colombiani, il cui mandante pare essere stato il medico e pastore Christian Emmanuel Sanon, residente in Florida da 20 anni e attualmente in stato di arresto ad Haiti. L’uomo aveva da tempo creato un movimento politico con l’obiettivo di compiere un colpo di stato e diventare il nuovo Presidente. Poche sono le certezze attorno alla vicenda, ma quel che è sicuro è che migliaia di haitiani hanno cercato rifugio nei territori vicini, tra cui il Messico.

Scenari recenti
Nelle ultime settimane circa 14.000 migranti, principalmente di origine haitiana, si sono riversati nelle acque del Rio Grande, probabilmente attratti dalla promessa fatta da Biden qualche tempo fa in merito a uno status temporaneo di protezione concesso agli haitiani già presenti sul territorio statunitense. Il tentativo disperato di entrare nel Paese, tuttavia, non è andato in porto: i profughi si sono visti bloccati in un campo profughi in Texas, costretti ad accamparsi sotto il Ponte Internazionale Rio Grande, dove la carenza di cibo e medicinali è preoccupante. Washington ha deciso di fronteggiare la situazione inviando decine di agenti nell’area e iniziando una vera e propria deportazione aerea di haitiani, rispediti sull’isola d’origine che – lo ricordiamo – è ormai completamente allo sbaraglio. La terribile immagine degli agenti a cavallo che con le corde cercano di gestire una massa di persone disperate richiama gli echi lontani di un colonialismo che tutti vorremmo, ma non dovremmo, dimenticare.
Appare lecito, poi, chiedersi a cosa serva che la Casa Bianca rilasci comunicati stampa di condanna del gesto, quando nella realtà l’amministrazione Biden ancora utilizza strumenti di gestione dell’immigrazione della c.d. “era Trump”, come il tanto contestato Titolo 42, Sez. 265 del Codice dei Regolamenti Federali. La medesima disposizione non è di certo nuova al contesto statunitense, ma è stata resa nuovamente operativa da Trump in risposta alla crisi pandemica. Essa prevede la sospensione totale o parziale del diritto di introduzione di persone o beni negli USA per questioni connesse alla salute pubblica. Il segretario del Dipartimento per la sicurezza interna, Alejandro Mayorkas, ha più volte ribadito come il Titolo 42 non sia in alcun modo uno strumento di contrasto dell’immigrazione. È utile qui richiamare, tuttavia, come l’Agenzia Federale Customs Border Protection abbia riferito che, dopo l’insediamento di Biden, siano state registrate, tra febbraio e aprile del 2021, circa 290.000 espulsioni perpetrate applicando proprio il Titolo 42 – cifra peraltro pari a quasi il 40% di tutte le espulsioni dall’inizio della pandemia.
Qui dubitandosi fortemente l’adesione di Biden all’esistenzialismo di Sartre e quindi escludendosi l’operatività dell’assunto “sono responsabile di tutto, tranne che della mia responsabilità”, pare lecito chiedersi se il ritorno dell’America dei diritti non sia ormai un ricordo lontano – forse mai stato realtà. Quel che è innegabile è che il Leviatano Climatico, che secondo J. Wainwright e G. Mann è figlio del capitalismo, sta distruggendo non solo l’ambiente, ma anche l’“umanità comune” che Biden ipocritamente richiama. Però, “[…] si sa che la gente dà buoni consigli se non può più dare il cattivo esempio.”