Socrate non era innocente

Socrate è sempre stato prigioniero del suo mito per la capacità di sconvolgere i coevi imponendo delle novità assolute cha hanno diviso in maniera radicale i cittadini di Atene, patria del filosofo. Tutte le fonti successive alla sua morte hanno creato una vera e propria leggenda del pensatore libero ingiustamente condannato dall’ignoranza della massa e calunniato da concittadini rancorosi e oscurantisti. Da questa aura leggendaria è difficilissimo distinguere la verità storica dell’uomo.

L’insegnamento di Socrate ha generato passioni completamene opposte, dalla più sconfinata ammirazione a una insopprimibile avversione se è vero che le generazioni successive di ateniesi non mostrarono alcun pentimento per la condanna del filosofo. La concezione dell’uomo della città di Atene imponeva al cittadino il totale rispetto delle istituzioni e la saggezza era individuata come l’adeguamento dei comportamenti a dei modelli previsti dalla tradizione, ovvero era necessario seguire il proprio ruolo sociale. La grande rivoluzione del filosofo ateniese fu l’individuazione dell’anima come componente specifica dell’uomo, che fa sì che la via verso la saggezza non possa più provenire dall’esterno, ovvero dall’adeguamento a regole comportamentali imposte dalla consuetudine, ma nasca dalla ricerca personale.

La comunità non può più prevalere sul singolo. L’interiorità è quella cosa che ogni cittadino deve coltivare più di ogni altro interesse e richiede la cura tradizionalmente riservata agli dèi. Socrate, dunque, eleva l’uomo a una dimensione divina. Questa grandiosa innovazione del pensiero filosofico non poteva essere accettata nell’Atene dell’epoca. L’insegnamento del filosofo non era affatto innocuo, ma implicava una fortissima critica al sistema di valori su cui poggiava l’educazione dei giovani e l’abbandono del modello di educazione di padre in figlio di trasmissione delle consuetudini al punto che Aristofane, commediografo contemporaneo del filosofo, arriva a dipingere un Socrate che chiede ai discepoli di bastonare i padri.

La stessa famosa e proverbiale professione di ignoranza di Socrate adeguatamente contestualizzata alla mentalità dell’epoca risulta fortemente provocatoria verso i concittadini. Affermare di non sapere nulla significava dire che l’insieme dei valori tramandati non valeva nulla. Da qui il disprezzo dei concittadini. Socrate non fu un intellettuale mite e bonario, ma proponeva una visione rivoluzionaria dell’uomo che metteva in discussione le basi stesse su cui si reggevano la polis, le istituzioni e le tradizioni. Le accuse di empietà e corruzione dei giovani che furono mosse al filosofo, dunque, non risultavano del tuto inammissibili. Inoltre, quando Socrate affermava che in nessun cittadino ateniese aveva trovato la sapienza significava che nessuno sapeva effettivamente che cosa era il bene e dunque non poteva praticarlo. Questo aveva un importantissimo risvolto politico, significava che nessun ateniese era in grado di fare politica e che le istituzioni ateniesi erano state create da incompetenti.

Solo il sapiente che si prende cura della propria anima conosce e pratica la virtù e quindi soltanto lui può svolgere attività politica. Questa visione fortemente aristocratica escludeva dalla politica tutte quelle persone che non conoscevano la filosofia, ovvero il demos. Per questo l’insegnamento del maestro interessò molto quei personaggi ateniesi da sempre ostili alla democrazia e simpatizzanti del modello oligarchico spartano come Crizia, Platone e Senofonte. Socrate era dunque un maestro di politica fastidioso per i ceti inferiori. Al popolo non poteva che apparire come un avversario dell’ordinamento politico ateniese e un sostenitore del sistema spartano, di cui il filosofo era dichiaratamente ammiratore. La condanna a morte del maestro nel 399 e la successiva opera di creazione del mito da parte dei suoi allievi -su tutti l’opera dei Dialoghi di Platone- presenta un Socrate assai diverso da quello che i suoi concittadini avevano conosciuto, trasfigurato per far comprendere come egli fosse apparso alla stretta cerchia di suoi discepoli e immagine che si è tramandata fino a noi oggi tanto da rendere così difficile tutt’ora separare la realtà storica dalla leggenda.

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