Djokovic costretto alla ritirata

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Siamo solo al 17 gennaio, ma il 2022 sportivo ha già trovato la sua grottesca e intricata telenovela con il caso Djokovic-Australia, che ha monopolizzato l’attenzione dei media mondiali per dodici giorni.

Tutto ha avuto inizio martedì 4 gennaio, quando il campione serbo ha postato sui propri social una foto che lo ritraeva in aeroporto pronto per partire in direzione Melbourne, sede degli Australian Open, confermando di fatto la sua presenza al torneo. Presenza tutt’altro che scontata, dato che, per le regole vigenti in Australia, per entrare nel Paese è necessario essersi sottoposti al vaccino anti-Covid, mentre Djokovic non aveva mai dato notizie certe riguardo il suo status vaccinale, facendo così crescere i rumors di una sua vicinanza al pensiero no-vax, considerato anche il pericoloso precedente dell’Adria Tour.

Nelle ore in cui il nativo di Belgrado è in volo scoppia lo scandalo. La conferma di un’esenzione concessagli dallo Stato del Victoria per partecipare al torneo (l’unico dei cinque atleti non vaccinati in top-100 ad averla ottenuta) fa piovere diverse critiche – da parte di giornalisti, appassionati ma anche di molti colleghi (Tsitsipas e Murray su tutti) – nei confronti di Djokovic, accusato di aver usufruito del suo status da numero uno al mondo per ottenere un trattamento di favore da parte degli organizzatori del torneo. Questi ultimi in un comunicato affermano “Djokovic ha fatto domanda per un’esenzione medica che gli è stata concessa in seguito a un rigoroso processo di verifica da parte di due diversi Comitati medici”. La spiegazione non riesce però a stemperare il clima ormai rovente, anzi, produce l’effetto contrario.

Le autorità federali australiane sembrano non approvare la decisione presa dallo Stato del Victoria e inizia ad aleggiare la notizia che a Djokovic possa venir negato il visto e di conseguenza la possibilità di entrare nel Paese. Atterrato in Australia il 5 gennaio Djokovic viene così fermato dalla polizia di frontiera. Il suo visto viene cancellato e l’atleta viene portato a trascorrere 5 giorni in isolamento al Park Hotel di Melbourne, struttura nella quale il Governo australiano fa alloggiare i migranti non in regola con i permessi di soggiorno o in attesa di ottenere lo status di rifugiati. I legali del serbo preparano subito il ricorso, presentando al giudice del tribunale di Melbourne le carte che attestano la positività al Covid di Nole lo scorso 16 dicembre con l’avvenuta guarigione il 22 e l’esenzione dal vaccino concessagli da Tennis Australia. Il giudice in questione, Anthony Kelly, annulla così la decisione del Governo australiano, facendo tornare Djokovic in libertà. Vicenda chiusa? Niente affatto, perché dall’interrogatorio di Djokovic emergono incongruenze con quanto mostrato sui propri profili social. Infatti, nel periodo di positività al Covid, Nole si è fatto fotografare ad alcuni eventi senza mascherina, ha partecipato a un’intervista con “L’Equipe” e dopo esser guarito si è recato a Marbella per allenarsi, nonostante avesse compilato un questionario nel quale affermava di non aver fatto alcun viaggio nei 15 giorni precedenti l’arrivo in Australia.

Tutto ciò ha portato il Ministro per l’immigrazione Alex Hawke ad annullare nuovamente il visto a Djokovic e ha costretto i legali del numero uno al mondo a presentare un nuovo e ultimo ricorso per ribaltare la decisione del Governo australiano. La parola fine a questa vergognosa vicenda viene finalmente messa domenica 16 gennaio, quando tre giudici federali hanno giudicato corretta la cancellazione del visto, espellendo di fatto Djokovic dall’Australia, pur non addentrandosi nel dettaglio delle sviste commesse dal campione serbo e dal suo staff. Il procedimento, infatti, non ha riguardato la domanda di esenzione fuori tempo massimo, ha considerato solo in parte l’errore di compilazione del modulo di ingresso e ha sorvolato anche sul sospetto che la positività al Covid di Djokovic a dicembre fosse finta e preparata a tavolino. L’Australia ha semplicemente giudicato Nole per le sue idee, trasformando di fatto il caso in un processo politico.

Da questo caso mondiale è indubbio che nessuna delle parti in causa ne sia uscita bene. Le autorità australiane si sono dimostrate poco professionali, avendo trasformato la questione in mera politica, anziché sanitaria, facendo inoltre emergere grandi problematiche sulla questione immigrazione. D’altro canto Djokovic, con questi comportamenti a dir poco scriteriati e difficilmente condivisibili, ha perso gran parte del supporto che aveva in giro per il mondo, nonché la stima di molti colleghi e giornalisti, difficile da recuperare. Insomma, una brutta pagina di sport, come sempre succede quando questo viene contaminato dalla politica.

Per quanto riguarda il tennis giocato, con l’esclusione di Djokovic il torneo non ha più un favorito numero uno. Sarà dunque l’occasione giusta per il rientrante Rafa Nadal di agguantare il ventunesimo titolo slam in carriera staccando così Federer e lo stesso Djokovic? O saranno Medvedev e Zverev – i migliori esponenti della Next Gen – a contendersi il trofeo di Melbourne? O, perché no, magari il nostro azzurro Matteo Berrettini, che nel 2021 ha solo assaporato a Wimbledon la possibilità di vincere il primo torneo slam. La palla passa ora, finalmente, al campo sperando che possa far passare in secondo piano quanto accaduto in questi 12 caotici giorni.

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