I cinesi per identificare la loro Nazione utilizzano il termine Zhōngguó che letteralmente significa “Paese di mezzo”. Questo aneddoto, alla base del revanscismo cinese, è importante per capire come i cinesi percepiscono il loro collocamento internazionale. Mao Zedong, nel suo celebre discorso del 1° ottobre del 1949, sottolineò il fatto che il popolo cinese si era finalmente “alzato in piedi” dall’oppressione del secolo di umiliazione colonialista. Questo accento, apparso sin dalla fondazione della Repubblica Popolare Cinese, mette in evidenza come per l’élite cinese sia fondamentale la rinascita nazionale, mentre l’ideologia comunista, con l’ideale internazionalista, viene considerata secondaria. L’ideologia comunista tradizionale venne definitivamente abbandonata dai successori di Mao, che optarono per il capitalismo di Stato. L’arricchimento individuale viene così tollerato al fine della crescita collettiva dello Stato. Il padre di questa nuova visione fu Deng Xiaoping, uno dei più innovativi e brillanti leader politici degli anni 80. Il leader attuale, Xi Jinping, è rimasto fedele al paradigma di Deng, anche se il compito di far crescere la Cina, ormai divenuto un Paese sviluppato, sarà più complicato rispetto a quello del suo mentore.
Cosa rimane di comunista nella Cina di oggi?
Noi occidentali siamo convinti che sviluppo economico e democrazia debbano procedere in simbiosi. A smentire questa credenza è emerso, nel corso degli ultimi 30 anni, l’esempio cinese, con il suo modello di capitalismo di Stato. La fondamenta di questo modello autoritario è il Partito Comunista Cinese, che controlla in maniera pervasiva tutte le funzioni dello Stato. Il sistema cinese si fonda su un’ideologia marxista – leninista: dove il marxismo interviene per quanto concerne la determinazione degli obiettivi economici (un determinato livello di crescita, il predominio in determinati settori economici, ecc) e il leninismo è alla base del controllo pervasivo della società. L’apertura al settore privato, nell’ambito del comunismo cinese, è così possibile solo se fortemente controllato dal partito (leninismo). Considerate che in Cina anche la proprietà intellettuale è patrimonio collettivo dello Stato e non individuale o privato.

Questo controllo pervasivo non si limita esclusivamente alla sfera economica. Grazie all’utilizzo dei big data, raccolti dai giganteschi colossi dell’informatica cinesi (Tencent con WeChat, Alibaba, Sina Weibo e Huawei), per il governo è possibile assegnare delle “valutazioni di credito sociale”. Attraverso queste valutazioni gli individui vengono premiati o sanzionati finaziariamente e socialmente. Con questi strumenti manipolatori dei comportamenti individuali, il potere politico riesce a influenzare ed incrementare il consenso tra i cittadini.
A seguito della pandemia da Covid-19, il sistema cinese è stato visto da molti come un modello per affrontare l’emergenza. Xi Jinping è andato oltre e ha manifestato pubblicamente la convinzione della superiorità del loro marxismo-leninismo in contrapposizione al modello delle democrazione liberali: “The East is rising, and the West is declining!“. Capiremo, nel corso delle due parti nelle quali è strutturato questo articolo, i punti di forza e le debolezze della Potenza che ambisce a sovvertire l’ordine internazionale occidentale.
Punti di forza
Analizziamo ora i punti di forza della Repubblica Popolare Cinese (RPC).
Tecnologia: secondo il Global Innovation Index del 2021 la Cina si colloca in dodicesima posizione tra i Paesi leader nell’innovazione. Vi tolgo la curiosità di andarla a cercare: l’Italia è ventinovesima dopo Cipro e Malta. La repentina scalata degli ultimi anni ha destato parecchie preoccupazioni negli Stati Uniti, che si sono ritrovati alla pari o addirittura in svantaggio in molti settori quali pagamenti digitali, 5G, Intelligenza Artificiale e microprocessori. Quello che ha permesso ai cinesi di arrivare a competere alla pari con gli USA è stata la fortissima propensione della popolazione all’innovazione, oltre all’ingente somma stanziata dal governo per il finanziamento delle infrastrutture tecnologiche.
Crescita: mentre gli americani del 1990 hanno visto crescere il loro PIL pro capite di 2,7 volte (un’enormità se paragonato all’Italia), il PIL pro capite cinese è cresciuto di 32 volte. Se nel 1990 la quota di PIL globale della Cina era del 2%, nel 2021 ha superato il 20% e, secondo le stime, supererà il PIL degli Stati Uniti nel 2030. Questo portentoso risultato è stato possibile grazie alle esportazioni e alla propensione manifatturiera della Cina. Nel prossimo futuro mantenere i livelli degli scorsi decenni sarà un’impresa molto più complicata a causa delle criticità che vedremo nel corso della seconda parte dell’articolo. Sicuramente l’avere raggiunto il 20% della quota di PIL globale pone la Cina in una posizione di forza nelle contrattazioni commerciali con gli altri Stati. Inoltre, la crescita le ha permesso di effettuare un’ingente quantità di investimenti in paesi africani e asiatici strategici per le catene del valore tecnologiche.
L’aspetto militare: la Repubblica Popolare Cinese è un membro permanente del Consiglio di Sicurezza dell’ONU ed è una potenza nucleare sin dalla fine della Seconda Guerra Mondiale. L’elevata crescita degli ultimi decenni ha consentito all’Esercito Popolare di Liberazione di recuperare parte del gap che aveva con le forze armate degli Stati Uniti. Al 2021 il PLA è la forza militare più numerosa del mondo e, dopo gli States, si contende la seconda posizione con la Russia nel ranking globale. Addirittura, gli scenari peggiori elaborati dal Pentagono danno la Cina vincente in un possibile conflitto nel Pacifico con gli Stati Uniti.

Il controllo dei miliardari: questo è forse il punto che viene maggiormente invidiato dalle leadership occidentali, che non riescono a trovare degli accordi per regolamentare efficacemente i colossi 2.0 e i paradisi fiscali. Xi Jinping, grazie all’enorme consenso interno di cui gode e grazie al sistema autoritario che guida, è riuscito a porre sotto controllo i colossi del web cinese e i relativi multimiliardari. Per proteggere il settore del credito tradizionale, la nomenclatura del PCC decise nel novembre 2020 di sospendere la quotazione di ANT Group (società facente parte di Alibaba). La decisione mette in evidenza la capacità cinese di resistere alla pressioni provenienti dai miliardari come Jack Ma e la volontà di porre un freno alla crescita indiscriminata dei colossi informatici. Inoltre, la nomenclatura cinese da tempo pone l’accento sulla prosperità condivisa, così spiegata dallo stesso Xi: “Per raggiungere la prosperità condivisa sarà necessario regolamentare i redditi eccezionalmente alti e incoraggiare i gruppi ad alto reddito e le imprese a restituire di più alla società“.
Il controllo del web: come abbiamo visto, peculiarità del sistema autoritario cinese di stampo leninista è il controllo sociale. Molti analisti dei primi anni Duemila considerarono l’entrata della Cina nel libero mercato, unitamente all’avvento di Internet, propedeutico alla svolta democratica del Paese. Purtroppo, la previsione si è rivelata del tutto fallace. Il governo cinese è riuscito a istituire un sistema di controllo del web efficace e capillare, anziché essere uno strumento di liberalizzazione è diventato uno strumento di controllo e di oppressione delle opposizioni. Il sistema è considerato talmente efficace che viene venduto alle altre Nazioni autoritarie.

La transizione ecologica: nonostante la Cina sia il Paese con l’impatto ambientale maggiore al mondo, quindi il principale a dover affrontare investimenti dal punto di vista del contenimento delle emissioni, si ritrova in una posizione dominante nel mercato delle energie rinnovabili. I principali produttori di pannelli solari, batterie e componentistica per l’eolico sono cinesi. Questo vantaggio deriva dalla propensione manifatturiera e dal dominio nel mercato delle terre rare del Dragone.
Visti i successi degli ultimi decenni, sembra che il modello cinese sia vincente. Questo presenta però anche notevoli criticità. Le vedremo insieme nella seconda parte di questo articolo.
[…] avere analizzato nella prima parte di questo articolo i punti di forza della Repubblica Popolare Cinese con riferimento alla sua capacità di cambiare […]
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