Evviva il Re, evviva il Re

Evviva il Re, evviva il Re! Nella luce di Roma, si rinnova l’antico destino.

Il 29 gennaio del 2022, Sergio Mattarella diventa il secondo Presidente della Repubblica a essere riconfermato per un secondo mandato. Con una maggioranza bulgara di 759 voti (che lo rende così il secondo Presidente più votato nella storia della Repubblica), il parlamento dimostra una rinnovata fiducia e continua ammirazione per il Presidente.

Ventuno colpi di cannone accompagnano il giuramento del Capo dello Stato, ostentazione di potere e di quelle nostalgie fascio-monarchiche che tutt’ora persistono nelle nostre strutture statali. Sono anche ventuno colpi di cannone nei confronti della politica italiana. Sei mesi, il semestre bianco, nei quali il Presidente non ha facoltà di sciogliere le Camere, non sono bastati al parlamento per trovare un candidato adeguato alla Presidenza della Repubblica. Sei mesi non sono bastati per accontentare la volontà (non così convinta) di Mattarella di non voler continuare a garantire il Paese dal Quirinale.

Per la seconda volta in 10 anni, i mille grandi elettori, i campioni della politica e della rappresentanza popolare, non sono in grado di esprimere un Presidente della Repubblica. È il fallimento più totale dei partiti, del sistema dei partiti e, di conseguenza, della democrazia italiana. La salute di una democrazia si dimostra sì dalle libertà e dai diritti fondamentali, ma anche dal vigore proprio delle istituzioni. Quando le istituzioni del Bel Paese passano tra le mani di DJ, bibitari, affaristi e buzzurri, i risultati sono questi. Il completo svilimento delle istituzioni democratiche.

Quando i “grandi” giornalisti descrivono l’Onorevole e Ministro degli Affari Esteri Luigi Di Maio nei seguenti termini: “sta studiando e sta imparando”, capisco che non vi è nessun futuro roseo per il Paese. Che non si manchi di rispetto a un uomo che dà il massimo che può al servizio del Paese, ma non meravigliamoci dell’assenza di meritocrazia e della lottizzazione di ogni settore dell’economia. Non meritevoli di rispetto, invece, coloro che per altri motivi hanno spinto nella direzione della rielezione di Mattarella. Suppongo che non vi sia necessità di elaborare oltre; il prestigio e l’indennità che spetta ai grandi elettori non si trova facilmente (in assenza di particolari specializzazioni) al di fuori dei palazzi istituzionali.

Il controllo dei partiti è stato messo a dura prova nella settimana delle votazioni, con i vari segretari che, nel goffo tentativo di preservare e dimostrare il loro misero potere all’interno dei partiti, hanno giocato a NON votare. Nessuno ne è venuto fuori vincente: è inutile autoincensarsi, l’evidenza ha mostrato un crescente egotismo dei singoli parlamentari. Se fosse un impuntarsi su principi non negoziabili sarebbe comprensibile e benvenuto. Ma i fatti dimostrano che votare Amadeus, Baggio, Razzo Mario e compagnia ha avuto la meglio.

Sul neoeletto Presidente, invece, non c’è molto da dire (e non si può dire molto se non si vuole incappare in sconvenienti relazioni con il sistema giudiziario). Pareva che non volesse una riconferma al Quirinale, la Storia dice e dirà altro. I padri costituenti non avevano precluso la possibilità che un Presidente potesse essere riconfermato, ma un Paese che si affida, come pare, per 14 anni nelle mani di una persona senza porsi delle domande profonde sul proprio funzionamento è un Paese da turisti della democrazia.

Nel dubbio, evviva il Re.

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