Il 30 aprile 1975 si conclude la guerra nel Vietnam con la vittoria dei comunisti, che fin da subito attuano una politica vendicativa nei confronti dei sostenitori degli Stati Uniti. Migliaia di famiglie fuggono su imbarcazioni malridotte verso una destinazione ignota. Nel 1979 arrivano le prime immagini dei “Boat People” e il presidente Pertini decide…
🇬🇧 For the English version click here.
Nel 1946 inizia la prima guerra del Vietnam, tra i francesi e la Lega per l’Indipendenza del Vietnam, o Vietminh, guidata da Ho Chi Minh. Nel 1954, durante la Conferenza di Ginevra, si giunge alla decisione di dividere il Paese in due: il Nord, governato da Ho Chi Minh, sostenuto dalle due maggiori potenze comuniste di allora, la Cina e l’Unione Sovietica, e il Sud, controllato da Ngo Dinh Diem, appoggiato dagli Stati Uniti.
Preoccupati dal carisma e dalla popolarità di Ho Chi Minh, gli Stati Uniti, pur di non rischiare una vittoria dei comunisti, spingono Ngo Dinh Diem a non concedere elezioni nel Sud. Il Vietnam del Nord non rimane a guardare e reagisce organizzando azioni di guerriglia verso il governo del Sud. Nel 1961 il presidente John Fitzgerald Kennedy incrementa la presenza militare statunitense nel Vietnam del Sud e nel 1964, sfruttando l’incidente del golfo di Tonchino, gli Stati Uniti ottengono il pretesto per intervenire direttamente nel conflitto. Nel febbraio del 1965 avviano una campagna di bombardamenti sul Vietnam del Nord.

Contro ogni previsione, gli uomini di Ho Chi Minh si difendono strenuamente, mentre negli USA acquista forza il movimento pacifista. Nel 1969 il neo-presidente Richard Nixon promuove la “vietnamizzazione” del conflitto: un progressivo ritiro delle truppe statunitensi, in favore di un maggior impiego di forze sudvietnamite.
Il 29 marzo 1973 gli ultimi soldati statunitensi abbandonano il Vietnam.
Il 30 aprile 1975 le forze armate del Vietnam del Nord entrano a Saigon e riuniscono il Paese.
I comunisti avviano una politica vendicativa nei confronti di militari e civili che avevano supportato gli Stati Uniti. Circa 1 milione di persone vengono prelevate per essere “rieducate” o sommariamente giustiziate. Migliaia di famiglie vengono cacciate dalle loro abitazioni e lasciate a morire di fame nelle paludi. Molte famiglie cercano di scappare, ma vengono respinte dai Paesi confinanti. L’unica alternativa per loro è quella di radunare i loro pochi averi, prendere dei barconi improvvisati e prendere il mare.
Mentre l’Occidente discute, i rifugiati (“Boat People”) scoprono di non poter sbarcare da nessuna parte: il governo della Malesia li traina a terra, li deruba e poi li rimorchia nuovamente in alto mare. Le navi occidentali si affiancano, gettano qualcosa da mangiare per fotografarli e poi se ne vanno.
L’Italia sta vivendo anni difficilissimi tra inflazione, bombe e attentati. Quando le immagini dei “Boat People” vengono rese pubbliche il 15 giugno 1979, il Presidente della Repubblica Sandro Pertini decide di intervenire, chiama Giulio Andreotti, allora Presidente del Consiglio, e dà ordine di recuperare i profughi. Andreotti discute con il ministro della difesa Attilio Ruffini e i due politici scelgono insieme Giuseppe Zambreletti, futuro Ministro per il coordinamento della protezione civile, per gestire l’operazione di salvataggio. Il Presidente del Consiglio domanda inoltre al Vaticano se ha a disposizione preti vietnamiti per risolvere il problema della barriera linguistica. Papa Giovanni Paolo II invia padre Domenico Vu-Van-Thien e padre Filippo Tran-Van-Hoai. Il terzo interprete è uno studente dell’università di Trieste, Domenico Nguyen-Hun-Phuoc.
Il 27 giugno 1979 arriva un cablogramma al comandante dell’incrociatore Vittorio Veneto, Franco Mariotti, nel quale viene ordinato di tenere a bordo solo il personale addetto alle armi, riadattare la nave per una missione di salvataggio e salpare alla volta di La Spezia per riunirsi con l’incrociatore lanciamissili portaelicotteri Andrea Doria. Il 4 luglio la Vittorio Veneto arriva a La Spezia dove imbarca medici, infermieri, interpreti, vestiti e medicinali. Il giorno successivo salpa insieme alla Andrea Doria in direzione di Creta, dove si ricongiungono con il rifornitore Stromboli.
Dopo 10 giorni di navigazione ininterrotta, il 18 luglio le tre navi ormeggiano a Singapore per caricare provviste supplementari e studiare un piano d’azione. Studiando le direttrici di fuga dei profughi, si sceglie di pattugliare una zona tra il golfo del Siam e il mar cinese meridionale, vicino a una piattaforma petrolifera della ExxonMobil.
La spedizione salpa da Singapore il 25 luglio. La mattina del giorno successivo un elicottero si alza in volo per una ricognizione e avvista la prima barca alla deriva al centro di una burrasca. I marinai erano stati istruiti in modo che rispettassero le norme di prevenzione e contagio, ma quando il gommone si affiancò all’imbarcazione, una donna decise di lanciare il proprio figlio in braccio ai marinai italiani per paura che venissero abbandonati nuovamente alla deriva.


Dopo quel gesto, i militari italiani volevano soltanto salvare il prima possibile queste persone. Le procedure per evitare i contagi vennero infrante e dallo scafo vennero recuperati 69 uomini, 39 donne e 23 bambini. A bordo degli imbarcazioni militari, uomini e donne lavoravano senza sosta: cuochi e panettieri preparavano più di 1000 pasti al giorno, i macchinisti erano ridotti a pelle e ossa dallo sforzo di mantenere accese le 4 caldaie contro le onde a temperature tropicali, medici e infermiere dovevano curare e accudire i profughi recuperati, che al 1° agosto erano quasi 1000.
Dopo aver navigato 2640 miglia (4890 km), esplorato 250 mila chilometri quadrati di oceano e salvato 907 persone, l’ammiraglio dà ordine di tornare a casa. Le navi arrivano a Venezia il 21 agosto 1979 e l’equipaggio passa un periodo di quarantena nel Lazzaretto. Il popolo italiano si mobilita e vengono raccolti abiti usati e donazioni di privati. Ditte offrono di costruire abitazioni e arredarle per le famiglie, mentre i commercianti padovani inviano generi alimentari e molte famiglie ospitano i rifugiati nelle proprie case.
Come spesso si dice, è bene conoscere la Storia per non ripetere gli errori del passato. Quanto attuale sembra però questo avvenimento di quarant’anni fa? Il conflitto russo-ucraino che ci angoscia ormai da due mesi, colpisce ancora una volta le persone più deboli. Ragazzi come noi costretti a combattere, famiglie come le nostre obbligate a scappare dalle proprie case, abbandonando tutto ciò che avevano con grandi paure e incertezze. L’unica cosa che gli resta è la speranza e mi auguro che questa storia possa in qualche modo regalargliene un briciolo.
“Errare humanum est perseverare autem diabolicum”. Commettere errori è umano, ma perseverare (nell’errore) è diabolico, e lo è davvero.