La NATO non è innocente

La NATO è oggi osannata perché “se non ci fosse i russi avrebbero invaso anche noi” o “i polacchi” o “i lituani”, ma non è così. La disgraziata operazione militare speciale che da due mesi e mezzo si trascina in Ucraina ha riportato la NATO in auge come paladina della pace e della sicurezza mondiale,…

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Prendendo spunto da una discussione che porto avanti da mesi con il vicedirettore di questo giornale, voglio ancora una volta sottolineare la mia opinione in merito all’Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord. Per me è l’opinione delle opinioni, e attraverso di essa guardo tanto alla politica internazionale quanto a quella nazionale: la NATO è un retaggio del passato, è un invincibile mostro militare che avrebbe dovuto essere smantellato nel 1991 insieme alla sua controparte, l’Organizzazione del Patto di Varsavia, alla fine della Guerra Fredda.

L’obiettivo della NATO, sacrosanto alla sua fondazione nel 1949 (e fino al 1991), era quello di contrastare le mire espansionistiche dell’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche in Europa. Lo Stato sovietico faceva paura e faceva paura l’allora segretario generale del suo Partito comunista, Josif Stalin. Il mondo “occidentale” fece bene a dotarsi di una solida alleanza militare che potesse efficacemente contrastare l’URSS, così come il mondo “socialista” fece bene a fondare l’Organizzazione del Patto di Varsavia pochi anni dopo, che avrebbe avuto compiti speculari a quelli della NATO.

L’Unione Sovietica e la Russia moderna sono però due entità totalmente differenti che poche cose hanno in comune. Il comunismo sovietico non esiste più, l’Organizzazione del Patto di Varsavia non esiste più. La NATO però esiste ancora, ed è in continua espansione. Perché un’organizzazione militare nata in contrasto a un’ideologia incarnata da uno Stato ben preciso sopravvive al crollo di questo e continua inesorabilmente a ingrandirsi, nonostante sia palesemente priva di uno scopo? Uno dei nostri articolisti pochi mesi fa spiegava come la Russia costituisca per gli Stati Uniti d’America, a tutti i livelli – quello dei cittadini comuni, quello dei generali fino a quello dei governanti –, un indispensabile nemico utile, che fornisce coesione interna e che guida la politica estera statunitense. L’apparato burocratico e militare statunitense, e quindi quello della NATO, è semplicemente troppo abituato ad avere a che fare con “i russi” – i sovietici. Proiettare le proprie competenze, acquisite nel corso della Guerra Fredda, contro la Russia di oggi è la cosa più ovvia da fare.

La NATO è un guardiano degli interessi statunitensi più che di quelli occidentali. Fornisce agli alleati difesa e protezione contro potenziali e non ben precisate minacce alla loro sicurezza e allo stesso tempo garantisce agli Stati Uniti di essere presenti costantemente e “legalmente” in Europa e di avere l’opportunità di esercitare un vigile controllo e influenza sulle politiche estere degli alleati. Questa è la visione che la Russia ha sempre insistentemente proposto dell’Organizzazione, ed è ben lontana dall’essere una falsità. Agli occhi della Russia e di quei Paesi che agli occhi dell’Occidente sono “nemici” la NATO è un’organizzazione militare sostanzialmente invincibile pronta a mobilitarsi in base ai dettami del suo più potente Stato membro. I bombardamenti e le invasioni di Jugoslavia, Afghanistan, Iraq e poi Libia hanno definitivamente convinto l’opinione pubblica russa, allineandola a quella delle élite politiche, del pericolo che gli Stati Uniti d’America e la NATO, spesso coinvolta nelle loro campagne militari, costituiscono per la pace e la stabilità mondiale.

La disgraziata operazione militare speciale che da due mesi e mezzo si trascina in Ucraina ha riportato la NATO in auge come paladina della pace e della sicurezza mondiale, dandole di fatto una ragione per cui esistere dopo decenni di “morte cerebrale”. La NATO è oggi osannata perché “se non ci fosse i russi avrebbero invaso anche noi” o “i polacchi” o “i lituani”. Ma non è così. Se la NATO avesse smesso di esistere nel 1991 insieme al suo nemico, i polacchi e i lituani non avrebbero probabilmente mai avuto nulla da temere dalla Russia, perché questa non avrebbe avuto ragione di sentirsi minacciata direttamente. Agli addetti del mestiere è inoltre chiaro che la Russia non ha alcun interesse a estendere la propria influenza oltre i confini della fu Unione Sovietica.

L’America è al di là dell’oceano, ma la sua mano armata non ha mai smesso di avvicinarsi al Cremlino. Per usare le parole di papa Francesco, “l’abbaiare della NATO” alle porte della Russia ha esasperato l’élite politica moscovita a tal punto che quello che è accaduto il 24 di febbraio le è sembrato l’unico modo possibile di reagire.

In questo senso la NATO non è innocente. Per tre decenni l’Alleanza ha ignorato le legittime richieste di una Russia in ginocchio, sia dal punto di vista economico sia dal punto di vista militare, dopo la caduta dell’URSS. Richieste di tenere in debita considerazione le preoccupazioni di uno Stato che non aveva la forza per opporsi seriamente, a livello diplomatico e non solo, a un’espansione giudicata pericolosa per la propria sicurezza nazionale. Torna utile fare l’esempio classico, citato fino alla nausea con riferimento agli avvenimenti di questi mesi, della crisi dei missili di Cuba ma girato al contrario. L’Ucraina è la Cuba della Federazione Russa del presidente Putin e il segretario del PCUS Nikita Chruščëv è il presidente Biden. Questa volta, però, Chruščëv non ha voluto ritirarsi in cambio di promesse e garanzie.

L’orso russo, punzecchiato e mortificato per tanti anni, per procurarsi da solo quella sicurezza di cui tanto aveva bisogno, il 24 febbraio del 2022 ha preso l’unica strada che gli sembrava percorribile.

La strada sbagliata.

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