“Support your local team”

Un covo di strisciati. Così viene definita Brescia dai veri (e pochi) tifosi della Leonessa. Poche parole che riassumono alla perfezione il clima di disaffezione che circola in città nei confronti della locale squadra di calcio.

Un rapporto complicato, quello tra il Brescia e i bresciani, che faticano ad appassionarsi alle vicende delle Rondinelle preferendo concentrare le proprie attenzioni sulle grandi squadre quali Inter, Milan e Juve. Un problema che affligge tante altre città italiane, ma che fa particolarmente male in una provincia come quella bresciana. Brescia dista solamente pochi chilometri dalla realtà profondamente diversa di Bergamo, dove città e Atalanta sono una cosa sola, dove il bergamasco si identifica nella Dea e la società si rispecchia nella gente della città. Questo forte senso di appartenenza è il risultato di un processo che parte fin dalla nascita, quando il club invia alla famiglia del nuovo arrivato una maglietta dell’Atalanta, e continua con la capacità di attrarre allo stadio ogni domenica un gran numero di tifosi per supportare la squadra.

Tutto questo a Brescia non esiste. Il Brescia Calcio non è mai stato in grado di creare un forte rapporto di unione tra squadra e città e non è quasi mai stato in grado di portare allo stadio un numero importante di spettatori, con gli stessi ultras divisi in più fazioni e sempre in contrasto tra loro. Le colpe non sono da addossare esclusivamente alle varie proprietà che si sono succedute alla guida del club, ma anche agli stessi sostenitori biancoazzurri. Il tifoso medio bresciano è il tifoso occasionale per eccellenza, ovvero quello che va allo stadio solo quando le cose vanno bene o quando ci sono promozioni sui biglietti, ma che è sempre pronto a contestare quando i risultati non arrivano e a restare a casa quando inizia a fare troppo freddo per andare a seguire la partita sugli spalti del Rigamonti. Un modo di vivere il tifo estremamente tossico e purtroppo difficile da estirpare.

Come si può dare una netta sterzata a questa triste realtà? Anzitutto servirebbe una proprietà che abbia realmente a cuore le sorti della squadra e che sia disposta a investire per far tornare le Rondinelle ai palcoscenici che meritano. Quando l’ex presidente Gino Corioni portò a Brescia giocatori del calibro di Roberto Baggio, Pep Guardiola, Stephen Appiah, Luca Toni e Andrea Pirlo (tra gli altri) la città rispose presente alla chiamata, riempiendo lo stadio ogni domenica e seguendo la squadra in gran numero per tutta Italia, pur non lesinando critiche al presidente. Sarebbe inoltre necessario che la proprietà, insieme al Comune, desse vita ad attività e iniziative che possano creare un legame con i cittadini, avvicinandoli fin da piccoli alla Leonessa, e che regalasse finalmente uno stadio degno di questo nome ai tifosi, magari con il supporto economico di alcuni imprenditori locali che fino a oggi non hanno mai mostrato il minimo interesse a entrare in società.

Infine occorrerebbe che gli stessi bresciani riscoprano la loro brescianità e l’attaccamento alla maglia della propria città. Brescia non dovrebbe avere nulla da invidiare a realtà come Bergamo o Verona.

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