La notizia circolava già da qualche settimana, ma ieri è arrivato anche l’annuncio ufficiale da parte della Ferrari stessa: Mattia Binotto si è dimesso.
Un’avventura in rosso di ben 28 anni quella di Binotto, che negli ultimi 4 aveva guidato la scuderia di Maranello come Team Principal – dopo aver sostituito Maurizio Arrivabene – ottenendo 7 vittorie su 82 Gran Premi disputati. Un bottino insufficiente per una squadra dal blasone della Ferrari, che da troppo tempo ormai ricopre un ruolo da comprimario in F1.
Una gestione dunque alquanto deludente quella dell’ex ingegnere della Rossa, che dopo una discreta stagione d’esordio come Team Principal ha vissuto due anni estremamente complicati e mortificanti a capo del Cavallino, prima di riprendersi parzialmente nel corso dell’ultima annata. I rumors, mai confermati, di un motore non regolamentare hanno condotto a un clamoroso tracollo nel 2020 prima di una lenta e faticosa risalita in questo 2022, con la speranza di poter vincere il Mondiale piloti dopo 15 anni svanita troppo presto. Nel mentre tante situazioni poco piacevoli: il licenziamento di Vettel arrivato tramite una fredda telefonata, la scelta – finora poco felice – di puntare su Sainz come compagno di Leclerc, strategie disastrose da parte di una squadra di strateghi non all’altezza ma mai messa in discussione e una gestione tragicomica della comunicazione con i media, che spesso ha messo in dubbio le capacità di leadership di Binotto e che lo ha esposto alle tante critiche di tifosi e addetti ai lavori. “Non abbiamo mai promesso di lottare per il Mondiale”, “Dopo questa vittoria in Austria possiamo vincerle tutte”, “Andiamo in Australia non per vincere una gara, ma per aprire un ciclo”: queste sono solo alcune delle dichiarazioni con le quali l’ormai ex Team Principal della Ferrari si è contraddetto nel corso dei suoi 4 anni alla guida della scuderia. Per non parlare del celebre ritornello “Dobbiamo capire” o dell’inaccettabile “Siamo migliorati rispetto alla scorsa stagione”, come se la Ferrari fosse una Alpha Tauri qualsiasi che può accontentarsi di piccoli miglioramenti anziché puntare alla vittoria del campionato.
In tutto questo non va dimenticato il fallimento totale a livello motoristico, ovvero il reparto nel quale si sarebbe dovuta vedere maggiormente la mano di Binotto. Il tentativo di raggirare il regolamento nel 2019 ha portato a un accordo (mai annunciato ufficialmente) con la FIA che ha messo in grave difficoltà l’intero sviluppo della monoposto, trasformando così la Ferrari in una delle peggiori squadre a livello di velocità sui rettilinei, oltre che una scuderia senza peso politico, soprattutto se confrontata a Mercedes e Red Bull, che più volte sono riuscite a ottenere evidenti vantaggi dalla Federazione, vincendo di fatto anche fuori dalla pista.
Ora, dopo questo addio, a Maranello si dovrà ripartire da un nuovo leader che sia in grado di riportare la Ferrari ai fasti di un tempo. Il favorito numero uno sembra essere Frédéric Vasseur, Team Principal dell’Alfa Romeo, che ha già lavorato con Leclerc nella stagione da rookie del pilota monegasco e che sarebbe pronto a puntare su di lui come numero uno, chiarendo fin dal primo giorno le gerarchie tra i piloti, con buona pace di Sainz.
In attesa di capire se Vasseur sostituirà Binotto o se ci sarà un nome a sorpresa, in casa Ferrari si continua a lavorare alla vettura per la prossima stagione, che avrà l’obbligo di migliorare il risultato di quest’anno. Il che vuol dire vincere entrambi i titoli mondiali.