La Zollverein, un’unione doganale tra gli Stati tedeschi, aveva lo scopo di favorire lo sviluppo economico e la diminuzione della spesa pubblica. Nel corso della seconda metà dell’Ottocento, infatti, in piena Rivoluzione industriale, la Confederazione tedesca non aveva alcuna intenzione di restare indietro rispetto alle altre Potenze europee.
Nel 1815 l’economia dei territori tedeschi era dominata dall’agricoltura. Circa il 60-70% della popolazione viveva infatti lavorando la terra. In pochissime regioni, soprattutto Renania e Sassonia, l’agricoltura era al secondo posto dopo l’industria, ma anche qui la maggior parte dell’attività industriale era limitata a merci di consumo, soprattutto del settore tessile. Alla metà del secolo questa struttura rimaneva la stessa pur con l’aggiunta non indifferente di una considerevole crescita demografica. Il periodo napoleonico aveva introdotto riforme dei sistemi di produzione agraria e la necessaria conseguenza di creare un tipo di coltivazione molto di mercato, indispensabile per sostenere la crescita della popolazione. Gli agricoltori che iniziavano a esportare i loro prodotti erano sempre più interessati a una liberalizzazione del commercio.

A partire dal decennio 1840-1850 si verificò un cambiamento significativo nella crescita industriale. Il rapido sviluppo della rete ferroviaria promosse la specializzazione su base regionale che aumentò l’interdipendenza tra i diversi stati tedeschi. L’industrializzazione della Germania, nata dallo sfruttamento di risorse quali carbone e ferro e di infrastrutture moderne come le nuove reti ferroviarie, ebbe la conseguenza diretta di creare nei territori dei diversi stati tedeschi una borghesia industriale liberale simile a quella inglese. La borghesia tedesca sviluppò il sentimento di unità all’interno e di chiusura verso l’esterno con la costituzione dello Zollverein, un’unione doganale creata con un rigido protezionismo verso l’esterno e la costruzione di una rete ferroviaria per favorire gli scambi interni.
L’unione doganale ebbe scarsa importanza fino alla metà del secolo, quando la rivoluzione industriale avrebbe portato alla definizione di nuovi modelli di sviluppo economico della produzione e del commercio libero che avrebbero poi avuto ricadute sul piano politico. A un certo punto i singoli governi non poterono più decidere alla leggera di ritirarsi dallo Zollverein per via degli ingentissimi interessi economici sottostanti e della sicura opposizione della popolazione nel caso in cui una cosa del genere fosse davvero avvenuta. Il potere emergente della borghesia tedesca divenne in questo modo un limite ai diversi governi degli staterelli tedeschi. Nel 1849 l’Austria tentò di fare entrare nell’unione doganale l’intero territorio dell’Impero. A ciò si oppose con forza la Prussia, con una politica di basse tariffe che escludeva dal gioco le arretrate industrie austriache non ancora pronte alla competizione internazionale. Questo avvenimento rende evidente il fatto che la Zollverein da sola non rendeva scontata l’unificazione politica ma anzi poteva costituirne paradossalmente il più grande ostacolo.

L’idea secondo cui alla metà del XIX secolo l’Austria avesse un’economia arretrata e incapace di evolversi rapidamente è stata a lungo generalmente diffusa, ma diverse ricerche recenti hanno provato che questo non è del tutto vero. Se infatti è accertato che circa il 70% della popolazione dell’Impero dipendeva dall’agricoltura e che questa era praticata diffusamente su basi collettive, per il consumo locale e non per il commercio e mantenendo ampi privilegi per i proprietari terrieri, bisogna sottolineare che le rivolte del 1848 riuscirono a ottenere un’ampia emancipazione contadina. In alcune aree a Est si sviluppò una agricoltura commerciale stimolata dalla domanda di cibo che veniva dall’Europa dell’Ovest. Nelle parti settentrionali invece ci fu sviluppo industriale metallurgico e tessile basato sull’estrazione di carbone. L’abbattimento delle tariffe interne fece crescere il commercio interregionale. L’Impero, pur lontano dalle rotte di maggior traffico dell’Occidente europeo provò tramite lo sviluppo di una moderna rete ferroviaria a cercare vie alternative, su tutte quella del Mar Mediterraneo. In quest’ottica la perdita della Lombardia sarebbe stata un grave danno all’economia asburgica.
La situazione in cui si venne a trovare l’Austria nel 1860 per quanto riguarda il livello di sviluppo economico era negativa solo se parametrata alla crescita eccezionale che aveva investito il Nord della Germania e soprattutto la Prussia. Se paragonata invece alle altre potenze continentali europee essa era allo stesso livello di quella francese e migliore di quella russa. La politica di basse tariffe sostenuta dalla Prussia all’interno dello Zollverein impedì sempre all’Impero una completa integrazione economica con i territori tedeschi, anche se in misura ridotta ci furono accordi e avvicinamenti che portarono a una sempre maggiore quota di esportazioni e importazioni tra l’Austria e lo Zollverein fra il 1850 e il 1870. Inoltre la crescita economica austriaca aveva un ulteriore grave difetto, ovvero la forte frammentazione, che vedeva all’interno dello stesso impero zone altamente sviluppate e altre profondamente depresse. A partire dal 1860 circa, nonostante una crescita generale positiva per l’Impero, gli equilibri si stavano sempre di più spostando a favore della Prussia di Bismarck.

Fino al 1840 in Prussia non c’era stata un’importante crescita del settore industriale, ma c’erano stati aumenti della produttività e quindi della produzione nell’agricoltura, cose che avevano sostenuto un ampio aumento demografico. Si verificavano grandi progressi nella specializzazione regionale e nella produzione commerciale per mercati non prossimi, tuttavia l’innovazione tecnologica rimaneva scarsa e la produzione volta soprattutto al consumo locale.
La nascita dello Zollverein era motivata da parte prussiana dalla volontà di integrare le economie delle diverse regioni dello Stato. Il governo era convinto che la liberalizzazione commerciale fosse la strada per lo sviluppo economico e per la diminuzione della spesa pubblica, quindi allentò il suo interventismo economico e sociale e attaccò i privilegi nobiliari e delle corporazioni. L’unione doganale si poneva come ultimo tassello di questa visione, che avrebbe aumentato la specializzazione e gli scambi interni tassabili. Nel 1840 iniziò un cambiamento che portò il governo ad aumentare i livelli di investimento per le reti ferroviarie per dare uno stimolo alla produzione di carbone e acciaio. Questa strategia presupponeva un grande intervento statale e una collaborazione strettissima tra apparati statali e affaristi. Dal 1855 l’economia iniziò a svilupparsi straordinariamente, con l’eccezione della breve crisi commerciale del 1857-1858, in una fulminea scalata che si sarebbe arrestata soltanto nel 1874. Ormai l’industrializzazione era compiuta e sostenuta da ampi investimenti e innovazione tecnologica. Un’economia molto forte che avrebbe permesso alla Prussia di proiettare la sua potenza sullo spazio tedesco ergendosi a guida e modello.
Gli enormi benefici fiscali di questo periodo di crescita sfolgorante permisero di ampliare le spese militari, cosa che non fu mal sopportata dalla popolazione come sarebbe successo se questo fosse avvenuto in un momento di stagnazione o depressione economica. I liberali in parlamento infatti vi si opponevano solo per questioni ideologiche e non strettamente economiche e non erano quindi in grado di mobilitare il sostegno popolare in questa battaglia. Nel 1860 era ormai chiaro il ruolo di predominio della Prussia sullo spazio tedesco rispetto alla decadente Austria. Dominando lo Zollverein aveva sotto il suo comando l’intera Germania e il decennio seguente lo avrebbe dimostrato.