La questione circassa, Parte I

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 â€śCircasso” è uno di quei vocaboli che, se conosciuto, potrebbe richiamare alla mente una salgariana avventura in una terra lontana dell’Oriente misterioso e impenetrabile. In veritĂ  dando per assodati i manualistici confini terrestri dell’Europa (i monti Urali e il Caucaso) il popolo circasso rientra a buon diritto nella tradizionale area geografica del Vecchio Continente: la sede storica di questa popolazione è, infatti, posta in una vasta area che dalle pendici settentrionali del Grande Caucaso si snoda ininterrotta sulle coste del Mar Nero fino a lambire il Mare d’Azov nel suo punto piĂą occidentale. Il relativo mistero che circonda questa etnia, almeno nell’Occidente odierno, non significa certo che dal un punto di vista storico questa popolazione sia meno degna di nota rispetto a molte altre che hanno fatto e fanno da ponte fra l’Europa e i mondi ad essa circostanti. Le disgrazie che contraddistinguono la storia di questo popolo sono difatti estremamente utili per riflettere sia su una compagine politica multientnica come la Russia, sia per intavolare una seria discussione sul concetto di genocidio, spesso usato a sproposito, soprattutto in ambienti d’oltreoceano.

Le fasi più antiche della storia dei Circassi sono di difficile ricostruzione, così come per tutti i popoli del Caucaso Settentrionale, soprattutto a causa di una sostanziale penuria di fonti scritte riguardanti il territorio che precedano l’età moderna. I Circassi o Adighi, che dir si voglia, appaiono spesso come protagonisti secondari nelle cronache di quelle popolazioni che entrarono in contatto con loro, dai Greci nel VI secolo a.C. fino ai Georgiani e gli Slavi nel Medioevo. L’immagine che viene generalmente fornita è quella di un popolo guerriero, diviso da incessanti lotte intestine fra entità tribali e demograficamente decimato dalla pratica della vendita degli sconfitti come schiavi. A tal proposito basti pensare che la maggior parte dei Mamelucchi, soldati di estrazione servile che per secoli dominarono l’Egitto, erano di origine circassa.

Nel secolo XVI i Cabardini, la piĂą orientale e potente delle sottoetnie circasse, fu in grado, per un certo periodo, di controllare buona parte del territorio del Caucaso nordoccidentale, ma l’ipotesi di una struttura politica unitaria sfumò ben presto, sia a causa delle divisioni interne, sia per le continue invasioni dei vicini Tartari di Crimea. Il contatto con questi ultimi ebbe certamente le caratteristiche di uno scontro, anche se non bisogna dimenticare che in precedenza, nel XIV secolo, era stato proprio l’influsso dei Tartari di Crimea a rafforzare la presenza dell’Islam in una regione in cui, tralasciando alcune influenze cristiano-bizantine, buona parte della popolazione era ancora fortemente legata alla religione tradizionale.

Nel XVIII secolo la Circassia si ritrovò, infine, a dover fronteggiare le mire espansionistiche di una Russia che si era fatta impero già da un pezzo e che aveva tutti gli interessi a prendere possesso della regione. Le zone occupate da questo popolo, infatti, non erano solamente appetibili da un punto di vista agricolo, ma, in particolar modo, le vallate e passi del Grande Caucaso che i Circassi controllavano da tempo erano uno spartiacque essenziale da dominare per poi espandersi verso i territori controllati dall’Impero Turco e da quello Persiano, entrambi ormai deboli e in balia delle potenze occidentali. L’assoggettamento di questi due al potere zarista avrebbe aperto la strada verso il subcontinente indiano e le sue favolose ricchezze: la Circassia doveva essere conquistata. A ogni costo.

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