Questione di priorità

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Con una videoconferenza del presidente americano Biden assieme al primo ministro australiano Morrison e al primo ministro inglese Johnson, è stata annunciata la nascita di una partnership di sicurezza trilaterale chiamata AUKUS. Questa si aggiunge alla costellazione di sigle già esistenti nel contesto indo-pacifico (ANZUS, Quad, UKUSA per citarne alcune) che va a formare la rete di alleanze e partenariati americani nell’area, oggi declinata in funzione anticinese. Fin qui le considerazioni potrebbero essere varie, ma il fatto rilevante avvenuto in questa occasione è un altro. Al centro, infatti, è stata posta la fornitura, alla Royal Australian Navy, di unità sommergibili a propulsione nucleare. Ciò ha ampissime ripercussioni che qui si tenta, in parte, di riportare.

Innanzitutto, l’aspetto della notizia che ha maggiormente attirato attenzione è legato alla rescissione del contratto precedentemente firmato dall’Australia con la Francia per la fornitura di 12 sommergibili a propulsione convenzionale (combinata diesel ed elettrico). Il valore di tale commessa era di 50 miliardi di dollari australiani al momento della firma, poi lievitati a 90 miliardi. Firmato sotto la presidenza Hollande, esso è stato molte volte definito il “contratto del secolo”. Vista l’entità delle cifre non è difficile comprendere le dure reazioni da parte francese che, per bocca del ministro degli esteri Jean-Yves Le Drian, ha parlato di “coltellata alla schiena” e di “grave crisi”, operando addirittura il ritiro senza precedenti degli ambasciatori francesi stanziati a Washington e Canberra. Ma la questione economica da sola non giustifica una tale ira da parte dell’Eliseo. È infatti importante cercare di capire cosa ha portato il governo di Morrison a questa inversione di rotta per poter comprendere meglio la questione.

La chiave è la pressione statunitense nei confronti dell’alleato anglofono. Dal 2016, anno della firma Australia-Francia, la partita nel Pacifico è cambiata: la nuova politica estera cinese voluta da Xi Jinping dopo la sua elezione a segretario generale nel 2012; il mastodontico progetto infrastrutturale chiamato “Nuove Vie Della Seta”, nato nel 2013; la risposta degli Stati Uniti attraverso la guerra dei dazi; Hong Kong de facto nelle mani di Pechino dopo l’approvazione della legge sulla sicurezza; l’istituzione del quadrilatero USA, Giappone, India e Australia (Quad) per accerchiare la Cina.

È chiaro sia questo il fronte che conta. La Cina sta cercando di sfidare gli USA per l’egemonia sul globo. Questa passa per il controllo delle rotte marittime. Quindi il contenimento americano deve avvenire nell’Oceano Pacifico e nei mari di casa cinesi. In particolare, Washington punta a impedire la riunificazione del Regno di Mezzo, orfano della tanto agognata isola di Formosa. Infatti, fra le altre cose, Taiwan è il trampolino che permetterebbe alla Repubblica Popolare di proiettarsi sulle acque; senza di essa uscire dall’uscio di casa è praticamente impossibile. Infatti, gli Stati Uniti contestano, controllano e hanno la disponibilità degli spazi marini che circondano la Cina, la quale non riesce ad imporsi nemmeno in mari che considera suoi, come il Mar Cinese Meridionale o quello Orientale.

Cosa c’entra tutto questo con Francia e Australia? È presto detto. Gli Stati Uniti hanno scelto il loro alleato prediletto nel contenimento pacifico. Non l’unico, ma il migliore nel rapporto affidabilità-potenza: non il Giappone, sconfitto in guerra poco più di tre generazioni fa, e non l’India, la quale ha deciso il proprio schieramento solo di recente dopo aver evitato di allinearsi per tutta la durata della guerra fredda. E hanno scelto di armare tale alleato, condividendo una tecnologia, quella dei sottomarini a propulsione nucleare, che solo una manciata di Paesi (fra cui la Cina) può vantare, la quale permette un salto di qualità strategico che la fornitura francese non poteva garantire. È un messaggio: ora gli australiani posseggono i mezzi per essere a fianco degli americani nel caso la potenza revisionista cinese decidesse di forzare lo status quo, tentando la presa di Taiwan.

L’inserimento dell’egemone globale americano in questa partita miliardaria è un messaggio anche per la Repubblica d’Oltralpe nello specifico, e per tutti gli alleati in generale. Quest’anno è stata pubblicata la strategia francese per la regione indo-pacifica dove appare manifesta la volontà di porsi come soggetto alternativo nella regione, sfruttando i propri territori in loco (Riunione, Nuova caledonia, Polinesia francese) e la propria presenza militare (8000 soldati), ed evitando un contrasto diretto con la Cina. In questo contesto Washington li ammonisce in modo inequivocabile, chiarendo che la presenza occidentale nel Pacifico è la benvenuta, ma in chiave anti cinese e, soprattutto, alle sue condizioni.

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